ezralow_notemusicali_lowdef.1354719324NICOLA ARRIGONI | C’è voglia di conferme e leggerezza, c’è voglia di ‘tradizione’ e disimpegno al tempo stesso, c’è voglia di ritrovarsi per un’ora e mezza a guardare un gruppo di danzatori che colorano di fantasia e di déjà vu lo spazio scenico con video e videoclip e qualche concessione alla sensibilità ecologista. Open di Daniel Ezralow è il nostalgico centone di quella danza visiva e ottimista che ebbe alla fine degli anni Ottanta i suoi capofila nei Momix e negli Iso – non è un caso che in entrambi i gruppi abbia militato Daniel Ezralow -, per quanto riguarda la danza visuale, e in Alan Parsons Dance per una coreografia di tipo atletico/contemporanea. Tutto ciò confluisce in Open di Daniel Ezralow uno show multicolore che strizza l’occhio allo spettatore, frequenta un linguaggio coreografico neoclassico, senza per questo rinunciare ad una modern dance che alla fine esce prepotente nei saluti finali e nelle prove solistiche dei singoli Chelsey Arce, Dalila Frassanito, Santo Giuliano, Stephen Hernandez, Kelsey Landers, Re’Sean Pates, Marlon Pelayo, Anthea Young.

I quadri si costruiscono su un’antologica di pezzi ipercelebri della tradizione classica dai Notturni di Chopin, al Romeo e Giulietta di Prokovief, da Ponchielli a Beethoven, ad una Carmen giocata con pupazzini e ballerino en travesti. La colonna sonora preclara che fa da sostegno a una serie di situazioni: dalla palestra, alla vita frenetica di una sorta di commesso viaggiatore, dalla sfida pugilistica di due promessi sposi, all’ecologica condanna dello spreco di energie e materie prime, in nome di un rispetto dell’ambiente. C’è di tutto in Open, ma soprattutto c’è la nostalgia di una vitalità che pare un po’ raggelata nello stile anni Ottanta, che come dire è puro svago, senza poesia ed emozione. Si avverte in Open un gioco stanco, a tratti ripetitivo che non scatta, non emoziona e quando va bene fa apprezzare un pizzico di atletismo dei danzatori in scena. In realtà il pubblico risponde, vi si ritrova, è ululante nel seguire quei danzatori il cui corpo non fatica a metamoforsizzarsi nella proiezione video, perché la loro fisicità, la loro plasticità è alla fin fine bidimensionale, ologramma di sudore e corpo prestato ad un danzare dell’occhio che Daniel Ezralow ha costruito e affinato in favore di telecamera, gestendo le coreografie di grandi show dello sport universale. In tutto ciò l’occhio dello spettatore riposa e si accasa, in tutto ciò c’è l’anestetico di una bellezza colorata e che vuole stupire con effetti speciali che sanno del tempo che fu, che a tratti fanno tenerezza e non possono che essere premiati dal bisogno presente di sicurezza e conferme, sicurezza e conferme che si possono recuperare negli anni in cui eravamo spensierati, giovani e carini….

 
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=mYEA-LsBBn0]