jeu de paume censura facebookRENZO FRANCABANDERA | Il sottotitolo di questa riflessione dovrebbe essere “La morale sui social network” e scaturisce da una serie impressionante di censure sul più diffuso social medium del pianeta riguardanti il seno femminile. La censura più recente ha fatto il giro del mondo e riguarda il museo Jeu de Paume di Parigi, da sempre votato alla divulgazione dell’arte fotografica e di cui PAC segue con assiduità le mostre (qui i nostri ultimi reportage dal museo parigino).

La colpa è della pubblicazione sul profilo del museo dello scatto “Étude de nu”, della fotografa Laure Albin Guillot – parte di una mostra attualmente in corso.La foto, infatti, non sarebbe conforme al regolamento di Facebook che riguarda il nudo e che avrebbe come eccezioni “artistiche” contemplate le sculture e dipinti.
Poi 24 ore di punizione, con l’oscuramento del sito e quando l’account del museo è tornato visibile, la foto è ricomparsa con il tragico rettangolino nero.
In realtà, per constatare come l’eccezione per l’arte sia una questione falsa, e che si tratti forse di un’applicazione bigotta della censura visiva rispetto al corpo umano (visto che su quella ideologica facebook appare molto più tollerante, permettendo a diversi soggetti l’ostensione di simboli di chiara ispirazione nazistoide e razzista) basta visitare il profilo di Riccardo Mannelli, artista italiano, celebre per i suoi ritratti di corpi nudi, a più riprese censurato, come si evince dall’immagine qui di fianco.
Anche lui è stato di recente oscurato per 24 ore. Poi pare che qualcuno del Zuckerberg’s team gli abbia scritto, forse dopo le rimostranze dell’interessato.
mannelli censura su facebookE’ Mannelli stesso a raccontarlo in un post del 14 febbraio scorso: “ciao riccardo,che succede? Eh…succede che m’avete di nuovo oscurato un quadro per oscenità o chissàpperchè, cari faccialibri. e m’avete pure sospeso per un giorno come mi facevano a scuola (nel pleistocene).ma dovete proprio trattare le persone come dei cerebrolesi infantili? eppoi chiedergli pure “che succede”? avete proprio la faccia come il…libro”.

Di recente aveva fatto sensazione il divieto di pubblicazione di foto dell’allattamento, caso sollevato in forma mediaticamente vivace da Gina Crosley-Corcoran, che dopo essere stata bannata ha pubblicato la foto incriminata sul suo blog.
Facebook ha ribadito in quella occasione che “Siamo tutti d’accordo che l’allattamento al seno è una cosa naturale. La maggior parte delle foto che riguardano l’allattamento, sono compatibili con la nostra Dichiarazione dei Diritti e delle Responsabilità di Facebook. Tuttavia, le foto che contengono un seno completamente esposto, violano i nostri termini e possono essere eliminati se sono segnalati da noi”.
Tanto la censura ha infastidito da far sorgere un movimento delle mamme censurate da Facebook, che la Crosley-Corcoran ha battezzato ‘The Feminist Breeder’, dando questo nome al sito da lei promosso, dove ha ospitato le foto censurate dai moderatori del social network, forse scottati da alcune sentenze, come quelle che hanno punito a più riprese Youtube per alcuni contenuti ospitati, che ledevano diritti, o violavano la legge.

resizer.jspDi qui in poi ovviamente si è scatenata la fantasia degli internauti iscritti al social network e qualcuno ha iniziato a sfidare la F blu, con qualche scatto ardito. Il premio per il miglior esito borderline sul tema è la foto a fianco, pubblicata sul profilo del magazine online Theories of the Deep Understanding of Things (TDUT), dove il fotografo (volutamente o no, questo non lo sapremo mai) ha realizzato una creazione tanto equivoca da essere stata censurata. Solo che questa volta il social network ha dovuto fare marcia indietro e chiedere scusa: non di seni enormi si trattava, ma di semplici gomiti appoggiati al bordo della vasca da bagno, scambiati per prorompenti capezzoli. Almeno questa partita è finita diversamente. Quando infatti l’Huffington Post Gran Bretagna aveva contattato Facebook per una spiegazione su questa censura la risposta erano state le scuse “This photo does not violate our contenta standards and we have already restored the photo. We made a mistake removing the picture and apologised to the page admin.”

Nel ricevere le scuse, TDUT aveva poi postato il seguente commento: “E’ bello sapere che un’esposizione mediatica così consistente possa rendere Facebook un po’ più sensibile, se non addirittura impaurirlo. “La nostra missione è quindi raggiunta, attraverso la questione più rilevante, ovvero la patetica paura del corpo umano e della sessualità umana, ben lungi dall’essere risolta.”
Chiudiamo facendo omaggio alla mostra da cui tutto è partito con gli occhi stupendi della fotografa, da cui tutto questo è nato, Laure Albin Guillot, che forse non avrebbe, in fondo, potuto avere pubblicità migliore.
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