daria defrrian calamaroRENZO FRANCABANDERA | Da tre settimane eravamo alla ricerca di uno spunto per formalizzare una riflessione su “L’origine del mondo – ritratto di un interno”, spettacolo scritto e diretto da Lucia Calamaro e affidato per la gran parte delle tre ore di durata alle spalle di Daria Deflorian e Federica Santoro. L’avevamo visto in una prima versione a Longiano nel 2011 con la regista che, fiammeggiando come solo a lei riesce, inseguiva i giornalisti diffidandoli dallo scrivere alcunchè su quanto appena visto, che reputava ancora in fieri (come se raccontare un’ecografia non descrivesse in qualche modo la forma di vita che si affatica a prender forma, ma per carità, è comprensibile nel rapporto con la creazione artistica).
Si cercava uno spunto, dicevamo, per confutare dal nostro punto di vista o quanto meno mitigare quanto dalla regista stessa dichiarato in una recente intervista: “Ho deciso di non rispondere più a tutte le domande che hanno a che vedere con le espressioni ‘teatro al femminile’, ‘spettacolo al femminile’ eccetera. Non mi interessa il ghetto, niente di personale, la mia è resistenza ideologica” rispondendo così alla domanda se ritenesse il suo uno spettacolo al femminile, appunto.
Premettiamo ovviamente che anche noi riteniamo i temi di genere per moltissimi versi superati per il modo in cui vengono posti oggi e in un certo senso perfino fuorivianti rispetto al cuore delle questioni che attanagliano il nostro tempo, ma siamo anche convinti che esista uno specifico; che sia uno specifico più avanzato, indipendente, che si interroga di più, che osa di più, che porta libertà dove si agita.
E’ successo in molte nazioni del mondo arabo, è successo e sta succedendo anche in Italia. Le grandi rivoluzioni sono nate per questioni di genere. Finanche il cristianesimo nel III secolo si affermò sul mitraismo perchè il culto della prima religione era permesso anche alle donne, a differenza della seconda.
Insomma esiste un tema di accessibilità: le donne indirizzano. Ascoltano. Si interrogano e interrogano. Magari ci ripensano. E poi di nuovo. Si dibattono e dibattono fino a rimanere esauste. Ma c’è una tenacia femminile che all’uomo, al maschio, è sconosciuta. E secondo me ne L’origine del mondo tutto questo viene fuori perfettamente. Viene fuori in un bianco abbacinante, in quei colori dei vestiti delle interpreti che sono tinte di Morandi (il pittore, lo dico per gli uomini, ndr), di cui pure si parla nello spettacolo.

Tuttavia (e magari potrà la riflessione che vado a svolgere sembrar leggera e generica, ma chiedo licenza di esser seguito per qualche riga ancora) quello che veramente si può dire di questo spettacolo, indipendentemente dal fatto che sia o meno femminile, è che certamente non è uno spettacolo che racconta la maschiezza, la maschiosità. E ne ho avuto completa consapevolezza riflettendo recentemente in merito alla censura del corpo nudo sui social network in una foto d’arte. “Ecco!- ho detto fra me e me -questo è quello che manca ne l’origine del mondo”: le due donne in nessun modo raccontano di sé in modo maschile, evocando la dinamica fisica o sessuale, ad esempio, o il rapporto bestiale di istinto alla sopraffazione, la regola del branco che anima in fondo in fondo il maschio di ogni specie.
origine del mondo federica santoroDi converso lo spettacolo racconta in modo interessante la bestialità (compresa l’umanità) femminile in tutte le sue sfaccettate, dolcissime e crudeli forme, mentre quella maschile è presente per negazione.
Insomma, magari non sarà femminile, ma non è maschile, il lavoro che la Calamaro propone e che le due interpreti così bene incorporano. Daria Deflorian arriva ad una immedesimazione zelig con il Calamaro-pensiero, dando corpo, voce e intenzione a questa donna matura, l’alter ego per certi versi della drammaturga, in bilico sul filo degli interrogativi e del dubbio.
Da maschio, ovviamente, nelle tre ore di spettacolo, ho più volte spento il cervello mentre le due donne nuotavano a larghe bracciate nel loro fiume di parole (prove d’attrici straordinarie davvero, giustamente premiate), ho attivato la funzione di udizione senza ascolto, pensato alla domenica sportiva, alla birra che avrei voluto dopo il kebab, alla partita dell’Inter. Insomma a tutto quello che nello spettacolo non c’era (e non avrebbe potuto esserci). Poi mi ricollegavo a “L’origine”, e dicevo fra me e me: “Cazzo, le donne si chiedono sempre cose molto più importanti e dense”. Quasi mi vergognavo dell’inferiorità oggettiva dei miei perché. Sarà per questo: come uomini si avverte soggezione.

Poi, meschino, nella pausa entro in bagno, finisco, lavo le mani ma prima di uscire clicco sul cellulare, mi collego e leggo “CALCIOMERCATO/ Inter, giallo Carew: non supera le visite, è solo in prova”. Penso che se mi vedesse la Calamaro avrebbe pena di me. Spengo subito. No dai, lascio acceso con la vibrazione, che magari mentre le donne qui parlano dei loro problemi, in tre ore Moratti mi compra qualcuno.
Quindi poche storie: o la prossima volta la Calamaro racconta anche dei maschi o faccia uscire noi dal ghetto (il nostro) e mentre va avanti lo spettacolo, visto che ormai si gioca praticamente tutti i giorni, proietti sulla parete in fondo, come le sovrascritte con le traduzioni negli spettacoli in lituano di Hermanis o Korsunovas, i risultati in diretta della Champions/del campionato (magari con l’elemosina degli autori e del minuto delle marcature). Un briciolo di maschile, in fondo, in alto, che non disturbi, mentre le sue meravigliose donne ci raccontano l’altra metà della specie, l’origine del mondo, l’utero, Courbet!

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  1. […] Calamaro di Maddalena Giovannelli, Francesca Serrazanetti, Gioia Zenoni (Stratagemmi, 9 marzo) L’origine del mondo: non maschile singolare di Renzo Francabandera (PAC – Paneacquaculture.net, 10 […]

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