LAURA NOVELLI | “Un modo per sprecare tempo. Per rovistare nel retrobottega della creazione artistica. Per fermarsi sul pensiero interrogandosi su cosa ci sia dietro la scena contemporanea”. Così Roberta Nicolai, da anni alla guida della compagnia Triangolo scaleno teatro e del festival Teatri di vetro, introduce il progetto “W.I.P. Work in process” che, in sinergia con il portale Pensieri di Cartapesta (www.teatridivetro.it e www.pensieridicartapesta.it), propone un tirocinio formativo per gli studenti del Dipartimento di Filosofia e di Storia dell’Arte e dello Spettacolo dell’università “La Sapienza” al fine di ritracciare, con l’ausilio di docenti universitari e di artisti di diversa provenienza (dal teatro all’arte visiva, dalla musica alla danza), quei sentieri teorici che muovono la produzione culturale (ed intellettuale) odierna e soprattutto il senso profondo di una creatività giocoforza chiamata a ricostruire, oggi, i suoi linguaggi, le sue estetiche, le sue prospettive future e, perché no, le sue linee di fuga dalla tradizione e dalle certezze (mai certe del tutto d’altronde) del passato. E dunque quest’importante iniziativa, che si snoda fino al 12 aprile in diversi spazi del quartiere San Lorenzo di Roma e che ben si inserisce nella più ampia dimensione di riflessione sul contemporaneo sviluppatasi all’interno di C.Re.S.Co. (Coordinamento delle realtà della scena contemporanea, www.progettocresco.it), intende offrire a docenti e discenti occasioni di incontro per decifrare il presente uscendo anche da un’ottica settoriale delle diverse espressioni artistiche.

Perché è anzi proprio dal cortocircuito tra ambiti distinti del sapere (con affondi speciali, ad esempio, nella ricerca estetica, negli sconfinamenti della performance, nella musica elettronica) che può scaturire una mappatura dell’oggi davvero utile e un riposizionamento del ruolo dell’arte che risulti significativo a livello sociale e collettivo. Anche  quando – tanto più quando – l’arte mette a repentaglio modelli, cliché, forme che hanno cullato il nostro apprendimento culturale e il nostro gusto estetico per secoli o decenni. Particolarmente emblematico è stato a tal riguardo il primo incontro in scaletta, “Il gioco della rappresentazione”, condotto da Gianni Farina della compagnia Menoventi (due anni fa vincitrice del Premio Rete Critica, www.menoventi.com) e con la partecipazione di Roberto Ciancarelli, storico del teatro, e di Davide Valenti, artista visivo. Da polo generatore del dibattito, la rappresentazione si è trasformata in un fertile terreno di riflessione sull’antirappresentazione; o meglio sulla necessità di rompere le convenzioni, di confondere le “cornici” del fatto rappresentativo allo scopo di restituire sulla scena quella zona di confine per metà dentro alla struttura drammatica e per metà fuori che rimanda inesorabilmente alla fragile indeterminatezza dell’uomo contemporaneo.

Seguendo il filo di Arianna delle ultime produzioni del gruppo, Farina ha parlato ai giovani studenti di Hoffmann, di Lynch, di studi di ambito logico, percettivo e cognitivo, ha mostrato dipinti di Magritte, opere di Escher, raccontando un teatro che, in modo più complesso rispetto persino allo straniamento brechtiano, gioca con se stesso (e dunque con la sospensione del’incredulità e il patto immedesimativo del pubblico) per smontare la finzione, per metterla in bilico su un burrone, per agire su un’intelligenza percettiva nuova, diversa, che sia allenata al dominio dell’incertezza. Un paradosso, in definitiva. E in questo paradosso oggi, volenti o nolenti, ci siamo immersi fino al collo tutti, tanto che – ci sembra di poter concludere – non è più solo la rappresentazione a poter/dover decostruire se stessa partendo dalle sue cornici, ma la realtà nel suo complesso appare percepibile e vivibile solo se compromessa costantemente dall’idea di un suo ribaltamento.

Il discorso ovviamente non si ferma qui e certamente questi provocanti semi di pensiero troveranno modo di essere recuperati anche nei successivi incontri del progetto (“Sconfinamenti e confini” con Federico Bomba di Sineglossa, “Scrivere in scena” con Francesca Macrì, Andrea Trapani, Andrea Baracco e Andrea Cosentino, “L’immagine non indifferente con Daniele Villa, “E=Mc2 elettronica=mondo classico 2.0” con Simone Pappalardo, “Corpi reali, corpi lavorati” con Paola Bianchi). Agli allievi tirocinanti viene inoltre offerta l’opportunità di scrivere dei contributi personali che verranno pubblicati sul sito di Pensieri di Cartapesta, di frequentare un seminario sulla tecnica di scrittura di recensioni e interviste curato da questa stessa testata e di seguire la prossima edizione di Teatri di Vetro (dal 20 al 30 aprile al teatro Palladium e in diversi luoghi della Garbatella) per realizzarne il diario giornaliero. Motivo in più per rafforzare la convinzione che parlare dell’oggi, farsi un’idea del contemporaneo sia innanzitutto un atto di condivisione, di sinergia a più livelli, di innesti generazionali e culturali. E sia anche un atto di coraggio.

Perché a dire il vero ci si sente un po’ come dei funamboli sul filo: il reale sfugge (“siamo quasi all’Apocalisse”, diceva domenica scorsa Massimo Cacciari alla radio) e l’arte sembra incline ad un post-post-post-moderno furiosamente in cerca di raccontare questa fuga.

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