gunilla heilbornVINCENZO SARDELLI | Tonalità satiriche che s’innestano su scene di ordinaria semplicità caratterizzano “This is not a love story”, della coreografa e film maker svedese Gunilla Heilborn, ospite della undicesima edizione di “Uovo”, la kermesse di danza ospitata alla Triennale-Teatro dell’Arte di Milano dal 20 al 24 marzo, di cui abbiamo parlato in altri due contributi recenti.
Rombo di tuoni e lampi abbaglianti, metamorfosi, passione: c’è di tutto in questo spettacolo impostato su un’estetica da road movie, dai tratti rarefatti tipicamente scandinavi. Fughe, slanci oltre la forma e le apparenze, voci in viaggio, luci nella notte: la verità è arte. Come l’aria s’insinua nelle trame della vita. È potenza liberatrice.
“This is not a love story” vede sulla scena Kowalski e Vera, un uomo e una donna in viaggio verso una consapevolezza di sé e del mondo così difficile da raggiungere. Qui la parola ha una sua importanza autonoma. Rimane scolpita nella recitazione intensa e naturale dei due attori-performer, Johan Thelander e Kristiina Viiala. Essi, straniati, seguendo gli stilemi di un poetico teatro dell’assurdo, danzano e continuano a esplorare la realtà sulla base delle cinque domande del giornalismo anglosassone: chi ha fatto che cosa? Quando? Dove? Perché?
Le cinque W come i cinque sensi. Sono indagati paesaggi interiori di giostre, di alberi e parchi, di anziani che camminano lenti l’uno a fianco all’altra, nell’onirico, malinconico, esaltante viaggio della vita.
È una poesia semplice che si fonde con le note elettroacustiche del norvegese Kim Hiorthoy. I due performer cantano, ballano, recitano in un inglese scandito, la cui traduzione in italiano è proiettata con sopratitoli che però ogni tanto s’interrompono, sostituiti da puntini di sospensione. Perché in realtà il mondo che ci circonda – sembra si voglia dire – non sempre è sondabile e immediato, non sempre è così ragionevolmente comunicativo.
In quest’alchimia di musica e poesia si fondono spazi naturali e uomini, atmosfere rarefatte, come le luci che illuminano la scena. Come la ricerca incompiuta, inappagata, di quelle emozioni forti di cui i protagonisti sono alla ricerca. Il loro viaggio è un’odissea introspettiva alla ricerca di ariosi spazi primigeni. Kowalski e Vera camminano l’uno accanto all’altra, fino alla fusione in un unico punto che sfuma all’orizzonte.
È un viaggio d’impatto visivo, di persone che si muovono in un modo inconsueto, capaci di colpire con l’essenzialità del gesto. Conta solo la trasformazione, la riflessione, espressa con spiazzante icasticità e umorismo. La danza subentra qua e là laconica, commentando con sagacia la vacuità del mondo contemporaneo.
Questo teatro globale non pretende di insegnare niente. Offre solo esperienze: gioiose o malinconiche, gentili o conflittuali, buffe e stravaganti. Sono immagini di paesaggi interni che setacciano la condizione umana. Con la speranza che il bisogno di vita trovi soddisfazione.

L’essenziale allestimento di “This is not a love story”, di Gunilla Heilborn:

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