panda projectVINCENZO SARDELLI | Inizia con la vivace voce fuori campo dell’italoamericana Delia Trice lo spettacolo “Visual Bluff” dei Panda Project, gruppo ravennate che al Zona K di Milano ha incontrato pochi ma entusiasti spettatori in una performance in cui i rispettivi ruoli s’azzerano, si mescolano e si confondono. “Visual Bluff” è una kermesse sapida in cui succede molto e può succedere di più. È un gioco di rimbalzi fra i tre empatici attori (Hendry Proni, Beatrice Cevolani e Delia Trace) e un pubblico che interagisce decidendo se e in che misura farsi coinvolgere.
Il meccanismo parte da un format studiato da tre attori di formazione diversa (accademica, performativa, teatro di gruppo) e poi si apre a ogni possibile sviluppo, in base alla fisionomia e alle risposte del pubblico stesso. A scaldare gli spettatori, a prepararli a quello cui andranno – o non andranno – incontro ci pensa la freschissima proemiale voce fuori campo: surrealmente rassicurante, sorridentemente provocatoria.
I tre attori si materializzano alla spicciolata. Si caricano sulle spalle un divano che le spalle le dà al pubblico. Vi si piazzano sopra. Si contendono il posto migliore a forza di spintoni e di gambe accavallate che penzolano in ogni direzione. Davanti a loro un maxischermo, unico elemento scenografico di questa scanzonatissima performance che può tranquillamente fare a meno di una ricerca sulle luci e, tutto sommato, sulla musica.
Sacchi di patatine trangugiate caoticamente e una grossa pentola di pop-corn nelle mani avide di una delle protagoniste introducono lo show. Quale? Ma il nostro, naturalmente: quello del pubblico che assiste sullo schermo, volente o nolente, all’esibizione di se stesso.
Pubblico sullo schermo, e, poco poco, nello scherno. Teatro muto. Tra silenziose simbologie bulimiche e virtuali agonismi sportivi, animati da un gigantesco ventilatore che un’ignara spettatrice punta contro un allucinato vicino di posto, si arriva a quella parte dello spettacolo in cui osserviamo gli attori nel camerino, che riflettono su se stessi, in un’altra simpatica trovata meta-teatrale.
Poi via al coinvolgimento, a un laboratorio di training drammaterapeutico in cui pubblico e attori si lasciano shakerare in un intreccio, in cui l’improvvisazione svolge un ruolo decisivo. Prende corpo, per qualche minuto, un alternarsi di esercizi sospesi tra fisicità, immaginazione e creatività.
Uno spettacolo che, a dispetto del titolo, è tutt’altro che un bluff. Un’esibizione spumeggiante. Uno show costruito a metà tra gli attori caustici, garbatamente coinvolgenti, e un pubblico che non può non lasciarsi trascinare nell’intelligente gioco.

Alcuni esempi della comicità fiabesca dei Panda Project:
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