the country andoRENZO FRANCABANDERA | Dopo una giornata in giro per visite mediche, Richard torna a casa portando con sè una ragazza trovata svenuta sul ciglio della strada. Corinne, sua moglie, è intenta a ritagliare foto dal giornale e gli parla stancamente del più e del meno, e non immagina ancora che la notte sta per prendere una piega piuttosto vivace.
Richard è il sempre preciso e impeccabile Gigio Alberti, Corinne è la brava e nota attrice Laura Morante, che torna al teatro dopo tanto cinema, e la ragazza svenuta, Stefania Ugomari Di Blas, il cui talento esplode finalmente in un ruolo adeguato, si rivelerà essere l’amante di Richard che lui ha celato alla moglie per anni e che, mentre Richard deve uscire di casa per una visita urgente, racconterà alla moglie tutto il retroscena della loro relazione di cui lei è all’oscuro.
Una vicenda che, come subito si intende, ha tutti gli ingredienti di conflitto per funzionare: il triangolo, il confronto generazionale fra donne, le relazioni esauste. Ci sono testi a cui basta anche solo uno di questi spunti per girare ad orologeria…
Figuriamoci poi se il combinato disposto è messo insieme da un drammaturgo di talento, come Martin Crimp in “The country”: Crimp, come molti altri drammaturghi della scuola britannica radunati a fine anni Novanta nella fucina del Royal Court, viene definito, onestamente non sempre a caso, esponente di quella corrente drammaturgica che prende il nome di “in-yer-face”, per la crudezza, la parola diretta, senza scampo, a volte politically uncorrect.
E certamente è uncorrect la giovane amante che racconta, alla bella ma ormai matura moglie del medico di provincia, che lui le mette le corna con lei da anni; che persino il loro trasferimento in campagna (The country del titolo) non era dovuto alla ricerca di una dimensione pacificante e nuova della loro vita di coppia, ma al voler stare vicino a questa puledra dal tratto ben più frizzante e generoso rispetto a quello tranquillizzante della mogliettina dedita alla concordia familiae e a ritaglio, decoupage, e altre amenità da rivista femminile per signore dabbene.
Per il debutto al Royal Court nel 2000 la regia fu affidata a Katie Mitchell che nel quinquennio successivo sarebbe diventata una delle più richieste registe europee, da alcuni anni stabilmente ingaggiata in produzioni tedesche, ma sempre focalizzate sulle sfaccettature psicologiche più complesse della figura femminile.
La versione presentata in questi giorni al Piccolo Teatro di Milano porta la firma alla regia di Salvo Andò, per una produzione del Teatro Stabile dell’Umbria sostenuto dalla Fondazione Brunello Cucinelli.
Pochi gli oggetti in scena. Un piccolo plastico giocattolo della casa e di un pezzo di countryside in proscenio, quasi a far immaginare la desolatezza dell’esilio campestre. Il resto è il gioco dei tre attori, a cui la regia, per non sbagliare con forzature e tinte forti, lascia il carico di colorare emotivamente il tutto.
Insomma un insieme di scelte poco invasive per un testo che di suo funziona, affidato a tre attori di qualità e senza azzardi scenici. Si potrebbe parlare del ritorno della Morante e di altre facezie italiane, ma non ci pare risieda in questo il motivo per vedere o meno uno spettacolo che ottiene il risultato nel complesso buono senza però correre grandi rischi con la regia.
Quindi alla fine tutti contenti, applausi, insomma niente da dire.
martin crimpNon che per declinare la drammaturgia contemporanea debbano per forza occorrere traslazioni oniriche o derive pulp. Anzi, a volte la misura finisce per essere agognata. Certo, però, andare in Ferrari per le vie della città, finisce per dare il sospetto che sia più per farsi guardare che per godere a fondo della potenza del bolide su una pista.
Insomma, almeno un testacoda in una rotonda di periferia, ad una curva drammaturgica pericolosa, forse Andò avrebbe potuto regalarcelo con questo po’ po’ di interpreti. Ma magari la Morante, attorno alla quale la produzione si è evidentemente coagulata (cfr video sotto), magari rischiava troppi batticuore.
D’altronde, quando arriva in scena a raccogliere gli applausi per il debutto al Piccolo, si capisce a colpo d’occhio che il sembiante di Andò e quello di Crimp hanno codici genetici non convergenti.
Bravi tutti, piacevole. Wrooooam!!!

Qui un video del 2012 in cui la Morante (che fin dall’inizio dell’intervista ammette con onestà di non conoscere Crimp come autore e che anzi voleva interpretare una tragedia classica per tornare al palcoscenico) racconta come è nata la produzione di The country
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