Disegno di Renzo Francabandera
Disegno di Renzo Francabandera

MARAT | Tutto mi scivola via. Fra le dita. Incontri, visi, chiacchiere, batticuori. Spettacoli (ovviamente). Letture, parole. “Marat, ti ricordi cosa mi hai detto quella notte?”. No, non mi ricordo. Non mi ricordo mai. O quasi. Forse è per quello che scrivo. Non ricordo dichiarazioni d’amore e insulti, provocazioni e silenzi. In fin dei conti, il mio è un continuo atto di fiducia in chi mi aggiorna su me stesso. E così vola via il pezzo che ho scritto ieri. Sans souci. Penso a tutte le parole che si rincorrono. La loro (la mia) costruzione. Alla volontà di arrivare al lettore, stuzzicarlo, incuriosirlo. Dare una mano ad alzarsi da quel divano (da quella stanchezza). Chissà. Ogni giorno, sul quotidiano. Ma ovunque è lo stesso. Tutto a scivolarmi di nuovo fra le dita. Mentre a volte vorrei solo che quello che ho scritto potesse avere un sussulto ulteriore. Di vita effimera. Fermarsi un attimo. E intanto leggo i pezzi degli altri: poeti e polemisti, talenti e ignoranti. Ad alcuni chiederei indietro il mio tempo, altri hanno il dono di rallentarlo. Solo negli ultimi giorni ho letto nei dintorni almeno tre/quattro pezzi che meriterebbero vita molto più lunga, fosse solo per la volontà di espansione che possiedono. Come l’universo. Volontà frustrata. O così mi pare. M’importa ‘na sega del buono e del cattivo, del bello e del brutto. Se è questo che ci interessa, meritiamo le stelline nelle recensioni. Vado alla ricerca di un pensiero critico allargato, dove spettacoli, libri, mostre siano (quasi) pretesti. Ma anche quando lo trovo, in realtà tutto scivola via. E in pochi minuti siamo già alla prossima Amaca di Serra, all’oroscopino, al pezzo che ci indigna, al giochino goliardico. La decadenza di Berlusconi e la galleria fotografica di una smutandata (cit. mia nonna), sono solo tessere di un mosaico iperinformativo di cui si distinguono a fatica i colori. Dove si sfiora, senza acciuffare. Come da piccino sulle giostre. Talmente pigro che a un certo punto il peluche del giro gratis me lo facevano dondolare davanti agli occhi. E io niente. Come nella Chiesa dei Francesi a Roma. Che sei lì davanti al San Matteo di Caravaggio e si spengono le luci. Non ci sono più monetine. Si va da un’altra parte. È un attimo. Quando magari la sfumatura che stavi cercando era proprio lì, fra la caotica massa dell’altro giorno. In quella bulimia. Che ormai non mastichi neppure.