157_imgANNA POZZALI | Un ragazzo siciliano approdato sulle strade della metropoli in attesa del provino della vita, un transessuale che si tiene stretto quel pezzo di marciapiede conteso dalla concorrenza, un ragazzino represso che cerca, non trova, il coraggio di affrontare la propria sessualità e una ragazza greca arrivata in Italia e vittima di clienti violenti. Tutti personaggi della stessa storia, tutti protagonisti della stessa lotta per trovare la propria identità e affermarla, qualunque essa sia. Un mondo impietoso, attraversato da tensioni che oltrepassano le storie e ne disegnano i confini/contorni: l’etica, la società, l’ordine morale delle cose, gli affetti.

Questo è Battuage visto al Teatro dell’Orologio e secondo lavoro della giovanissima compagnia Vuccirìa Teatro, formata nel 2012 e già vincitrice del Roma Fringe Festival 2013 con Io, mai niente con nessuno avevo fatto. Joele Anastasi è autore, regista e interprete di questo lavoro insieme al cofondatore della compagnia Enrico Sortino, a Federica Carruba Toscano e al bravissimo Simone Leonardi. A curare i costumi e la scena composta da fetidi orinatoi è Giulio Villaggio, e le luci volutamente kitsch sono di Davide Manca.

La stesura drammaturgia procede episodica, ci racconta gli stralci di vita che attraversano quel sudicio bagno pubblico o tutt’al più si riversano sul marciapiede di fronte. Non ci allontaniamo mai dal contesto e se sappiamo di più dei protagonisti è solo perché ce lo confessano loro, quando si estraniano da quel luogo e da quel tempo per confessarci le frustrazioni e i disagi che li hanno condotti in quel torbido mondo notturno. Intensi momenti di dolore in cui il corpo, partecipe, muove da quelle parole un’energia convulsa e violenta che manca di sensualità.

Risulta quindi poco chiara la scelta dell’autore di interrompere, d’un tratto, questa narrazione riflessiva per inserire invece il finale in una dimensione meno astratta e più descrittiva: una moglie disperata e delusa uccide il proprio marito e il suo amante transessuale colti mentre consumano il tradimento; e quel matrimonio, precedentemente intravisto in una funzione religiosa che consumava l’amore dietro il racconto malato di una vita matrimoniale distorta, si scopre tardivamente essere il preambolo di una tragedia. A perdersi è il ritmo dello spettacolo e a rompersi è la tensione dello spettatore che fino a quel momento aveva preso parte al dramma dal quale, in ultima battuta, viene invece escluso: la resa dei conti viene rappresentata dai tre protagonisti di quel triangolo senza rimando alcuno al coinvolgimento emotivo dello spettatore.

Il viaggio nell’animo umano e nelle sue fragilità termina dunque bruscamente ma non perde di significato perché quel che ci resta addosso di Battuage è il senso di decadenza che qui assume forme estreme (comunque non lontane dalla realtà), parlandoci di qualcosa che oggi conosciamo bene: di Salvatore è pieno il mondo, di ragazzi che si consumano in attesa del treno di una vita e che, impreparati, puntano alla fama più trash pensando così di risolversi. Oppure la smania di piacere, attrarre, e nel senso più malato del termine: sensualità ed erotismo sono i nuovi precoci terreni di sviluppo di relazioni. Ma, ancora di più, l’incapacità di questo mondo di comprendere la diversità: la libera sessualità è ancora considerata dai più una visione distorta dell’ordine delle cose che appartiene al senso comune, disturba la quiete pubblica e rimesta le abitudini.

Questo viaggio oltre la moralità così sfacciato è più sincero di noi.

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