Collettivo Jenny Pirate
Collettivo Jenny Pirate

ANNA POZZALI | Prosegue la riflessione a sei mani sulla Rassegna OFFicine all’interno della stagione Dominio Pubblico che unisce intenti e progetti dei due teatri romani, Teatro dell’Orologio e Teatro Argot. Sono stata spettatrice della seconda serata che vedeva succedersi le quattro compagnie: Collettivo Pirate Jenny, Teatrodilina, Proprietà Commutativa e Madame Rebinè con, rispettivamente, Pollicino 2.0, Banane, 3Q liberi esperimenti politici e Uno spettacolo comico.

La prima compagnia, come il celebre Pollicino dei Fratelli Grimm, continua la sua corsa disorientata nel cerchio vorticoso della scena che si ripete e dissemina movimenti e stralci coreografici che sono le speranze, le aspettative di un’intera generazione sulla soglia dell’età adulta: necessaria ma poco promettente. I protagonisti sembrerebbero i tre interpreti, peraltro molto bravi, e invece la grande privazione prende il sopravvento perché come tutti i giorni, fuori dal teatro (e anche un po’ al suo interno), i trentenni sono i fanalini di coda della nostra società e, senza lavoro né floridi orizzonti cui protendere, sono eretti a simbolo del “fuori tempo massimo”.

Per questo, non gli resta che girare e non fermarsi in quel bosco senza riferimenti che è la vita, incappando uno per volta in un reality show che li testa per l’ambita fama mediatica come ultima spiaggia possibile degli esodati sociali e, comunque, magra consolazione.

La voce fuori campo, occhio e voce del Big Brother, come un narratore onnisciente riveste la parte di questa politica attuale che sul terreno delle giovani generazioni si gioca promesse importanti che restano tali fino a quando  giovani crescono, oltrepassano la soglia dell’età adulta diventando troppo grandi per attendere i fatti.

E, come dice il programma di sala, “in bilico tra il mangiare e l’essere mangiati” la storia di molti si conclude sempre con l’ultima delle due opzioni: l’essere fagocitati dal sistema.

Il passaggio continuo tra i linguaggi della danza, del testo e delle immagini è così misurato ed equilibrato da far emergere chiari i significati e la direzione di questo esperimento drammaturgico, complice forse l’empatia di spettatori per la quasi totalità coetanei, ugualmente disorientati, troppo grandi per fare i giovani e troppo piccoli per essere adulti.

Al Collettivo Pirate Jenny segue Teatrodilina, compagnia che trova nel teatro un luogo di approdo per linguaggi e pratiche differenti. Lo rende evidente la drammaturgia di Banane che ha elementi di vivo richiamo cinematografico, si costruisce per sketch ed è proprio la concatenazione di queste scenette comiche a rappresentare il nucleo dello spettacolo: in questo caso, non è tanto la storia raccontata a lasciare il segno, quanto la capacità registica di narrarla per frammenti. Le storie dei quattro ragazzi fanno da sfondo al succedersi degli episodi narrativi che spingono al massimo punto di evoluzione la storia, per poi interromperla e ricominciarla in un altro luogo e in un altro tempo. Inizialmente spiazzante, questo meccanismo diviene, una volta compreso, atteso e ricercato dagli spettatori.

La terza compagnia, composta da Alessandro Federico e Valentina Virando, esordisce nella propria presentazione dichiarando che il nome Proprietà Commutativa si riferisce proprio alla formula secondo cui modificando l’ordine degli elementi, il risultato non cambia: così questa compagnia si è costituita garantendo massima flessibilità dei propri elementi e protagonisti. E se, spiegata così, questa teoria non convince pienamente, anche lo spettacolo “3Q liberi esperimenti politici” non decolla: una storia di cibo e politica, tre cuochi e una coppia di candidati al potere che attende per cena il Signor X, fantomatico ed essenziale finanziatore della candidatura; l’intendo dovrebbe essere quello di azzardare un’analisi delle relazioni umane, di ricette giuste in cucina come nella politica, uno sguardo alla realtà che si compone di “quelli che cucinano bene e quelli che hanno sempre fame”. Buono l’intento, bravissimi gli attori ma il testo è debole, non è ben costruito, troppo macchinoso e privo di composizione. In altre parole, nonostante la buona ricetta il piatto sfornato non è ben riuscito.

Ma è, infine, Uno spettacolo comico di Madame Rebinè a non chiudere in bellezza la serata: il titolo pretenzioso e la trama composita che mette insieme gli elementi senza darvi una contestualizzazione sono i carenti punti di partenza. A restare di quest’ultimo esperimento drammaturgico, è la performance circense perfettamente eseguita con un cerchio che rappresenta il limite che l’eroe in pensione Super Mutanda deve  superare per andare oltre le sue angosce e il suo divano. Ma Super Mutanda non ce la fa e con lui, nemmeno lo spettacolo, che ha ancora molto da lavorare sulla composizione drammaturgica.

E con questo si chiude la seconda serata di OFFicine Dominio Pubblico. E ne restano due!