FRANCESCA GIULIANI | In un paesaggio di artaudiana memoria MDLSX di Motus, visto al Teatrino della Collegiata durante il festival di Santarcangelo, mette in scena l’esplosione di un corpo. Silvia Calderoni sul palco scompone il suo organismo per aprirlo a connessioni, congiunzioni, per oltrepassare e condividere soglie di fragilità. Creatura della realtà sociale che è sempre creatura della finzione, come scriveva Donna Hardaway nel suo A Cyborg Manifesto, spezzerà e interrogherà i suoi io per liberarsi in una dionisiaca “danza alla rovescia”. E lo farà mescolando perfettamente forme e linguaggi, oltrepassando il teatro per starne perfettamente dentro i suoi confini, restando da attrice sospesa tra la perfomance e il dj set.

ph. Ilaria Scarpa
ph. Ilaria Scarpa

Una luce tendente al magenta illumina il lungo banco da dj che nella penombra del palco posteriore mostra oggetti che traducono varie identità vestibili. Da tappeto un triangolo oro riflettente ricopre quello spazio che sarà terreno d’azione del lungo e potente monologo dell’attrice. Uno schermo si accende sul fondale: è una sorta di oblò/specchio che si apre sui ricordi del passato ospitando vecchi filmini di famiglia che raccontano, a frammenti, la vita dell’adolescente romagnola ripresa dall’occhio materno nel decennio a cavallo tra anni Ottanta e Novanta. A quella figura virtuale si sovrapporrà la ragazza di oggi, quella in scena, che attraverso le riprese di un cellulare proietterà frammenti del suo corpo sullo schermo sovrapponendosi e quasi cancellando l’immagine passata. “Chi era quella?” si chiederà a un certo punto.

In questa sorta di teatrino fatto di specchi, di abolizioni dei generi, di frantumazione di corpo, di io che si cercano e si abbandonano, di travagli e energia vitale, il corpo svuotato di ogni categoria è protagonista. Calderoni si muove come un dj, facendo eco a quella mitica e irreale figurina di Kaspar Hauser interpretata da lei stessa nel film di Davide Manuli, La leggenda di Kaspar Hauser, che viene citato anche in uno dei video di MDLSX.

ph. Ilaria Scarpa
ph. Ilaria Scarpa

Se il personaggio narrativo di riferimento è Calliope/Cal, l’ermafrodito protagonista del romanzo di Jeffrey Eugenides, Middlesex, a questo si sovrapporranno senza soluzione di continuità l’Orlando di Virginia Woolf, il Carlo di Pier Paolo Pasolini e brandelli di manifesti politico-culturali tratti, tra gli altri, da Beatrice Preciado e Donna Hardaway. Nello spazio della finzione l’attrice si mette veramente a nudo e riscrive, attraverso il suo corpo in scena e aumentato in video, una sorta di autobiografia che trae forza, e a tratti violenza, da quella finzione narrativa che le fa da scudo. Ogni brandello di azione e di pensiero viene perfettamente intrecciato a un brano musicale che, proiettato nel titolo e nell’autore sullo schermo, andrà a comporre la playlist dell’intero spettacolo. Sarà Despair degli Yeah Yeah Yeah ad aprire la colonna sonora di MDLSX e Imitation of life dei Rem a chiuderla, collezionando una ventina di brani che necessariamente, per rappresentare gli anni dell’adolescenza dell’attrice, faranno da corollario musicale a questa “auto-fiction”, alterando nella presenza dell’attrice lo spazio della rappresentazione con lo spazio del reale.

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