VINCENZO SARDELLI | Che sia un antieroe che impersona le nostre paure più feroci, un prode con il quale identificarsi, o solo la rappresentazione dell’italica propensione a imbrogliare con orgoglio, il Carcarlo Pravettoni di Paolo Hendel è senza dubbio una maschera teatrale brillantissima. Malevolo, graffiante, canzonatore e ingombrante, Pravettoni sembra la versione appena un po’ più sofisticata e meno smargiassa del cinematografico (e televisivo) Cetto La Qualunque di Antonio Albanese. In Come truffare il prossimo e vivere felici (scritto con Francesco Borgonovo e Marco Vicari) che abbiamo visto al Monastero della Misericordia di Missaglia tra gli atti finali della rassegna brianzola Ultima luna d’estate, Hendel punta la lente sui nostri tempi, mettendone in ridicolo comportamenti e modelli.
«Castigat ridendo mores», dicevano i latini. Tuttavia la risata qui (all’interno di questo riuscitissimo festival targato Teatro Invito giunto alla XVIII edizione, e dedicato quest’anno al cibo sostenibile e ai piaceri dell’ospitalità) è strumento comico e non satirico. Perché nella satira ci sono sempre il giudizio e il moralismo. E Paolo Hendel, più che giudicare, desidera rappresentare.
Così, davanti a questo politico impomatato, imparruccato e incravattato, accompagnato (un po’ in sordina) dalla chitarra di Ranieri Sessa, sfila un’umanità casereccia che finisce per essere un agghiacciante mondo di losche figure.
Come nelle caricature di Toulouse Lautrec, la risata a tratti si risolve in ghigno. Ne fuoriesce una pittoresca corte dei miracoli degna dell’Almodovar più deliziosamente kitsch, anche se appartenente a un milieu certamente meno suggestivo. O degna di quella tradizione toscanaccia che da Cecco Angiolieri e Pietro Aretino, passando per Dante e Boccaccio, arriva dritta ai giorni nostri.
La deformazione grottesca, quasi fumettistica, della realtà trova il contraltare nel realismo del personaggio, attualissimo, volgare imprenditore vittima della bulimia dell’avere. E si inspessisce nella recitazione di Hendel, stentorea o esile, sottile, gorgheggiante, mai urlata, mai sopra le righe, frutto di un lavoro sul personaggio ormai sedimentato da vent’anni, e di una consuetudine con il mestiere di comico ultratrentennale.
Le censure televisive che hanno ridotto al lumicino le presenze di Hendel su Rai e Mediaset sono un marchio di qualità sul lavoro di questo comico. Che in Come truffare il prossimo e vivere felici reinterpreta i classici in chiave contemporanea, stigmatizza il mondo della pubblicità e propone un originale coming out, che lo porta a una vivace riflessione sui nuovi cliché di omosessualità ed eterosessualità. In fondo, si tratta di un’ironia a tratti colta, che spazia dal Simposio di Platone agli uomini palla di Aristofane, e propone una visione piccante non soltanto della sessualità, ma anche della vita nel suo insieme, capace di esorcizzare l’oscurantismo relazionale e mediatico dei nostri giorni.
Soluzioni anti-crisi e trucchi antirecessione corredano uno spettacolo che affronta con l’arma della sapidità le sfide della società globalizzata e dà suggerimenti per guardare con ottimismo ai tanti baratri che ci si parano davanti.