VALENTINA SORTE|

Le Vivier des noms di Valère Novarina
Le Vivier des noms di Valère Novarina
N di NOVARINA

Valère Novarina è indubbiamente un habitué del Festival d’Avignone. Già nel 1986, i 2587 personaggi usciti dal suo Le Drame de la vie avevano attirato l’attenzione di pubblico e di critica. Quest’anno, il nuovo lavoro non è stato da meno. Le Vivier des noms (Il Vivaio di nomi) è un lungo e ininterrotto atto “nominatorio”, una proliferazione incontrollata di logogrammi e antropoglifici – cioè nomi e personaggi – orchestrata da una bravissima Claire Sermonne. Una logorrea giubilatoria ed epifanica che parla dell’uomo e in cui l’unico vero protagonista è la lingua. Una lingua viscerale, litanica ma allo stesso tempo astratta e trascendente. La lingua novariniana insomma. Bravo! Bravo!

O di OSTERMEIER

Questi i titoli delle più importanti testate francesi. FranceInfo “Riccardo III e Ostermeier: dinamite per Avignone”. Le Monde: “Un Re zoppo regna sulla Città dei Papi”. Liberation: “Riccardo III, storpio ma rock”. LeTemps: “Ecco come il Riccardo III di Thomas Ostermeier sciocca Avignone”. LePoint: “Ovazione al Riccardo III di Thomas Ostermeier”. Telerama: “Ad Avignone Thomas Ostermeier trascina Riccardo III alla follia”. LaCroix: “Il malvagio Riccardo III  trionfa ad Avignone”. LesInRocks “Avignone: Riccardo III, Furia e gloria”. Thomas Ostermeier si aggiudica così uno dei primi gradini del podio di questa 69° edizione. Il suo Riccardo III tanto mostruoso quanto ammaliante, conquista letteralmente il pubblico.

P di PRELJOCAJ e di  PY

Ultimi gradini del podio invece per Olivier Py  e Angelin Preljocaj. Nonostante la prestigiosa cornice offerta dalla Cour d’honneur del Palazzo dei Papi, i loro lavori – rispettivamente Re Lear e Ritorno  a Berratham – deludono il pubblico. La nuova traduzione della tragedia shakespeariana rende il testo sicuramente più  contemporaneo ma finisce per appiattirlo, e il tentativo di parlare di tutte le aberrazioni del XX secolo attraverso Re Lear non funziona affatto. Lo spettacolo non decolla mai. Allo stesso modo, dopo il precedente successo di Ce que j’appelle oubli, la nuova creazione di Angelin Preljocaj è davvero poco convincente. Il testo firmato per l’occasione da Mauvignier è pesante e la coreografia, nonostante rari momenti di estrema bellezza, diventa piuttosto didascalica e ridondante. Peccato.

Q di QUALITA’/QUANTITA’

La 69° edizione non è stata sicuramente un’edizione felice dal punto di vista finanziario. A causa dei duri scioperi degli “intermittenti dello spettacolo” che hanno segnato l’edizione precedente, il festival ha dovuto far fronte quest’anno a un buco di 240.000€ e a una diminuzione del 5% (circa 50.000€) dei fondi che abitualmente il Comune di Avignone metteva a disposizione. La programmazione è stata quindi ridotta a malincuore di un paio di giorni. Non ha stupito la fredda accoglienza che hanno ricevuto il Primo Ministro Manuel Valls e il Ministro alla Cultura, Fleur Pellerin, durante i loro passaggi al Festival.

R di REPUBBLICA

La Repubblica di Platone ha letteralmente conquistato il Festival. L’originale riscrittura de La Repubblica da parte di Alain Badiou ha ridato vita a uno dei testi  più importanti di Platone, restituendogli tutta la sua forza e la sua attualità. E grazie alla regia di Valérie Dréville, Didier Galas, Grégoire Ingold, giorno dopo giorno la lettura di queste pagine si è affermata come un tempo forte del Festival. Nella suggestiva location dei giardini Ceccano, avignonesi-festivalieri-artisti-politici-cittadini si sono impadroniti dei dialoghi platonici per condividerli con il pubblico. L’esperimento è riuscito e si è dimostrato molto coinvolgente.

S di STREPITO

Il Festival di Avignone non sarebbe lo stesso senza il fragoroso e incessante frinire delle cicale. In qualsiasi punto della città, dentro e fuori le mura – dalla Corte d’Onore al Chiostro dei Carmelitani, dalla moderna FabricA alla bellissima Certosa di Villeneuve Lez Avignon – prima, durante e dopo gli appuntamenti festivalieri, il canto delle cicale accompagna turisti, artisti e amanti del teatro, diventando piano piano un suono familiare.

T di TERRITOIRES CINÉMATOGRAPHIQUES

La programma zione del Festival Avignone non è consacrata esclusivamente alle arti performative in senso stretto (teatro, danza, nuovo circo,  performance) ma a tutta creazione contemporanea, nazionale e internazionale. Non è quindi un’eccezione l’attenzione accordata alla settima arte lungo tutto il corso del  festival. Durante i Territori cinematografici, luogo di incontro tra lo spettacolo dal vivo e il cinema, attori e registi di questa 69° edizione hanno condiviso con gli spettatori riflessioni e confessioni sui film o i documentari che hanno segnato la loro carriera artistica.

U di URBI ET ORBI

Un’edizione “urbi et orbi”, cioè per tutti. Il festival è riuscito a offrire una programmazione molto ricca e diversificata che ha spaziato dalle forme più convenzionali e riconoscibili (teatro, danza, musica, letture, nuovo circo) a quelle più ibride e sperimentali come il feuilleton filosofico di Alain Badiou o gli appuntamenti etichettati “indisciplinati” (sei in tutto).

V di VIZIO E VIRTU’

Uno dei momenti imperdibili del festival è stato sicuramente la lettura di alcuni testi del Marchese De Sade fatta da Isabelle Huppert. Peccato sia stata prevista un’unica data: pochi i fortunati che hanno potuto assistere all’evento. La lettura è stata tratta da due opere in particolare: Justine o le disavventure della virtù e Storia di Juliette, ovvero le prosperità del vizio, da qui il titolo: Juliette e Justine, il vizio e la virtù. L’attrice francese ha conquistato il pubblico del Palazzo dei Papi, non solo per la sua bravura ma anche per lo stoicismo con cui ha affrontato il fortissimo maestrale che ha soffiato quella sera.

Winter Family, No World/FPLL
Winter Family, No World/FPLL
W di WINTER FAMILY

Il duo Winter Family, formato dall’artista israeliana Ruth Rosenthal e dal musicista francese Xavier Klaine hanno presentato a Villeneuve Lez Avignon un lavoro interessante che affronta il tema dell’ubiquità digitale e dell’iperconnettività, spostando le loro riflessioni sull’era della post-saturazione multimediale. La loro performance No World/FPLL è stata etichettata “teatro documentario”, perché attinge a registrazioni sonore/video del nostro quotidiano. Prendendo spunto dalle conferenze TED, Winter Family immerge il pubblico in una specie di viaggio poetico-multimediale, scandito da nove capitoli, una sorta di gironi danteschi. L’intento è non per niente didattico, anzi ludico e ironico. Lo spettatore annega però in questo frullato di immagini e suoni, senza riuscire a risalire in superficie.

X,Y,Z di …

Ovvero tutte quelle lettere che solitamente rimangono orfane: un motivo in più per ritornare ad Avignone l’anno prossimo, alla ricerca di un posto anche per loro!