RENZO FRANCABANDERA | Una di quelle occasioni in cui c’è la sala piena ad ogni spettacolo, con un pubblico eterogeneo che ha perfino saputo scegliere il linguaggio che avrebbe potuto interessarlo di più. Si sono visti persino spettatori seduti per terra…
unnamedAlla fine ha vinto Nanirossi, la compagnia di Matteo Mazzei e Elena Fresch, entrambi diplomati come artisti di circo contemporaneo presso la Scuola di Cirko di Torino (2003-2005), “per la coerenza estetica nell’uso delle diverse sintassi drammaturgiche, nella convinzione che nel Teatro non debbano esistere confini tra le diverse forme della rappresentazione”.
Si è concluso così a Genova Venerdì 20 e Sabato 21 novembre negli spazi di Teatro Akropolis la seconda edizione della rassegna INTRANSITO, rivolta ad artisti under 35, concorso nazionale a cadenza biennale promosso dal Comune di Genova – Assessorato alla Cultura in collaborazione con Teatro Akropolis, Associazione La Chascona e Officine Papage.
A decidere l’esito della rassegna, voluta per valorizzare il lavoro di giovani compagnie e artisti under 35 della scena contemporanea italiana selezionate con bando pubblico, una commissione di esperti, composta dalla studiosa e critica Maria Dolores Pesce, vice direttore di Dramma.it, dal regista Stefano Tè, direttore artistico del festival Trasparenze di Modena, dalla regista Roberta Nicolai, direttrice artistica del festival Teatri di Vetro di Roma, da Amedeo Romeo, direttore artistico del Teatro della Tosse di Genova, e dal regista Renato Cuocolo, autore della compagnia Cuocolo / Bosetti IRAA Theatre di Melbourne.
In un atto finale cui hanno partecipato sei spettacoli di vario genere e ispirazione artistica, in una panoramica interessante sulle tendenze delle giovani generazioni si sono susseguiti i genovesi Gruppo di Teatro Campestre, con il loro “Amami, baciami, amami, sposami”, poi Francescafranzé, da Brescia, con “Ommioddio” ed i milanesi di Compagnia Lumen, con “Dayshift”. Sabato sono invece andati in scena Nanirossi, compagnia di Massa Carrara, con “Sogni in scatola”, a seguire “The Quirinal”, dei torinesi Onda Larsen, per finire con “L’ultimo Kaligola” della Compagnia degli Scarti di La Spezia.

Veloci note su alcuni degli spettacoli che siamo riusciti a vedere:

  • Francescafranzé, “Ommioddio”: è un lavoro con una serie di segni compositi, con un effetto spiazzamento fra un testo quasi sit com e un recitato con elementi come la maschera, la scena dettagliata e declinata con oggetti e descrizioni realistiche di un interno domestico. La storia è quella dell’avvicinarsi della fine del mondo nella casa di una vecchia (Francesca Franzè) in cui arriva un marziano dal sembiante umano che si è nutrito di cultura tv per studiare gli umani (Luca Serrafini). Ci sono alcuni spunti interessanti e anche  alcune ingenuità ma è una strada che può portare la ricerca da qualche parte. Forse un confronto con maestri come Cecchi o della nuova generazione della maschera come Teatrino Giullare può utilmente far crescere l’ispirazione. Notevole la scena del trenino da capodanno con la vecchietta e il marziano che vanno in giro per la casa festeggiando la fine.
  • Compagnia Lumen, “Dayshift”, un testo di nuova drammaturgia scritto dall’autore irlandese Darren Donohue portato in scena con la regia di Elisabetta Carosio da un gruppo composto da Carolina Cametti, Sara Dho, Giacomo Ferraù (qui a Genova sostituito da Michele Basile), Simone Formicola e Gabriele Genovese. Al primo giorno di un nuovo impiego, Day,  il surreale protagonista di questa vicenda dai tratti ironico angoscianti sul mondo del lavoro piomba in un universo fatto di personaggi degni del miglior Kafka ma con note ironiche fra Pennac, Chaplin e Fantozzi. Così l’assurdo prende il sopravvento fino a travolgere il protagonista, avvolgendolo in un vortice di vicende che superano il reale per finire nell’incubo. Il testo ha momenti di grande interesse, ma si appesantisce nel finale e così anche il recitato, pur arricchito da alcune belle intuizioni e freschezze, “paga” la flessione drammaturgica. Il gruppo ha intenzioni positive ma anche qualche nota insistita, con una gestione del tempo scenico che nella seconda parte dello spettacolo, che ora dura 75 minuti circa, perde un po’ per strada l’attenzione degli spettatori. Sicuramente sono possibili aggiustamenti per pulire e snellire l’allestimento del superfluo e dell’insistito.
  • Nanirossi, “Sogni in scatola”: è uno spettacolo rivolto per elezione a un pubblico di piccoli spettatori ma che si fa gradire anche dagli adulti per un registro misto di clownerie, teatro per i più piccoli, mimo. E’ una storia d’amore che si costruisce fra le difficoltà e i capricci del quotidiano, dentro una macchina scenica fatta di un palco che poggia su tubi innocenti alto due metri circa e un numero ingente di scatole di cartone che crea una sorta di muro a nascondere lo spazio sotto il palco dalla vista del pubblico e che funge da muro che viene costruito e decostruito a seconda delle esigenze sceniche. Inizia una piccola guerra clownesca fra i due che terminerà con l’happy end classico. O meglio, in questo caso, una raffica di finali (qualcuno in onestà anche sfruttabile meglio o eliminabile, in favore di una maggiore linearità dello sviluppo narrativo). La giuria comunque premia, per molti versi anche giustamente, un lavoro che si sviluppa con coerenza e libertà mentale, che gioca bene con l’ironia e in cui i due interpreti non si risparmiano. Anche qui nel meno potrebbe esserci il più.
  • Compagnia degli Scarti di La Spezia, “L’ultimo Caligola”: di questo spettacolo abbiamo già parlato qui.
    Alla compagnia vincitrice è stato assegnato un premio di produzione di 1500 euro.

scritta-intransito-300x106Chiudiamo con una riflessione che prende spunto da un inciso delle motivazioni del premio date dalla giuria, nella parte in cui dice “Al di là dei margini di miglioramento e crescita certamente ancora presenti”. La sensazione è che sia ovviamente giusto premiare e sostenere la creatività giovane, ma che in bandi come quello meritorio di Intransito occorra anche prevedere la possibilità di un confronto intergenerazionale, utilissimo anche ai giovani per la ricerca dell’essenziale. In quasi tutti i lavori manca un po’ il senso della misura, la linearità, la capacità di chiudere al momento giusto. Sono tutti elementi che si acquisiscono con l’esperienza, certo, ma porre nei bandi che riguardano la creatività under 30-35 il vincolo che tutta la squadra sia anagraficamente sotto questa soglia, impedisce a nostro avviso un dialogo intergenerazionale che nell’arte è invece fecondo.

E’ importante che si incentivi, cercando di evitare le dinamiche maestro-discepoli, ma anche favorire nuovi incontri, nuove possibilità di confronto. Lasciamo quindi questo come spunto ai programmatori, per le prossime edizioni di questa bella iniziativa. Anche perché, se tutto adesso mira a sostenere gli under 35, chi salverà quelli fra i 35 e i 55, ovvero gli ingabbiati dalla sorte? Quelli che non andavano ancora bene 15 anni fa perché erano troppo giovani e non vanno più bene adesso, perché sono troppo vecchi…Vecchi poi: una cosa un po’ da ridere in un paese dove la maggior parte delle direzioni artistiche è affidata a figure che definire senior è fin troppo buono con riguardo all’anagrafico. Insomma, occorre pensarci.

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