ESTER FORMATO | La poetica di Teatrodilina torna sulla scena con Quasi Natale e per chi già conosce la loro scrittura, non sarà difficile rammentarsi di Gli uccelli migratori con il quale questo spettacolo ha tanto in comune.
Quello che emerge da entrambe le scritture di Francesco Lagi, che ne cura anche la regia, è la presenza di più solitudini (ancora fra fratelli) e un elemento che riesce ad unirli, peculiarità che in questo lavoro è maggiormente in armonia con la compagine generica.

Ancora una volta lo spettatore si addentra in una dimensione intima, minutamente casalinga. Stavolta in un piccolissimo paese innevato vi è un focolare domestico quasi svuotato; tre fratelli si incontrano qualche giorno prima di Natale e trascorrono un lasso di tempo che corrisponde drammaticamente all’agonia della loro mamma. Tra accettazione e incredulità, attriti appena accennati, vivono questo tempo strano, rarefatto sebbene abbia un’esatta collocazione cronologica, essendo quasi Natale. Quel quasi resta tale, non arriva alla festa, un tempo nel quale tre mondi diversi e doloranti si sfiorano, intimiditi ed incerti tessono dialoghi con frasi di circostanza, talvolta con poco senso e facendo fatica a compenetrarsi.

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E così Isidoro (Francesco Colella) si appresta a restare solo nella casa materna in cui sa di aver sacrificato la sua vita; al contrario c’è Michele (Leonardo Maddalena) il quale sa che non tornerà mai più, e Chiara (Anna Bellato) in preda ai suoi disturbi emotivi: tutti e tre in attesa che la madre si risvegli, anche per poco, per dir loro qualcosa. Tale attesa è l’unico collante possibile, il motivo unico per il quale essi si ritrovano sotto lo stesso tetto, ma anche la conferma di un’incompiutezza celata sotto le loro identità da adulti, il bisogno di ascoltare la parola di un genitore che schiuda loro dubbi e incertezze nascoste.

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Tre puntini distinti che tocca casualmente a Miriam (Silvia D’Amico), la ragazza che ha portato con sé Michele,  ricollegare. Come in Gli uccelli migratori, compare un elemento insolito che s’insinua come collante dei frammenti umani che permeano lo spettacolo; in questo caso Miriam ha una somiglianza incredibile con la loro madre… Miriam diventa il catalizzatore, il perno che rinsalda la comunicazione dei tre protagonisti, un surrogato, materno e fraterno insieme, che li riavvicina, che trova i loro quaderni e le polpette che in centinaia la loro madre ha congelato in cantina, che  compie piccole azioni che i tre fratelli fra di loro non riescono a fare: un abbraccio, un caffè preso al bar vicino casa, la confidenza della propria solitudine.

Pochi e semplici elementi drammaturgici alla base dello spettacolo. La precarietà comunicativa fra i tre personaggi incide fortemente sulla costruzione. Quasi Natale ha difatti un ritmo abbastanza convincente, ma ha poca consistenza strutturale: spesso le scene si susseguono slegate, senza una fluida sequenzialità, caratteristica che diviene in questo caso espressione di quanto concerne lo spirito poetico di Teatrodilina, insieme al fatto che i dialoghi stessi e le parole perdono di robustezza a vantaggio di una liricità domestica, di un teatro poco strutturato, ma ugualmente meditato.

La presenza dell’unico ambiente poi, denota anche l’idea di staticità di Teatrodilina che non è interessato a proporre agli spettatori una narrazione incentrata su un evento o un’azione, piuttosto un teatro intimo e riflessivo all’interno del quale accade ben poco e ciò che deve accadere (in questo caso la morte della madre) non è neppure esaurito nel tempo drammaturgico in cui le battute possono ripetersi, sfiorare il nonsense, accennare alle fragilità psichiche ed emotive. Balza sicuramente all’occhio il comune senso delle battute (Isidoro chiede tante volte se l’albero con le sue lucine si sia acceso, per  esempio), che non scandagliano sino in fondo la psicologia dei personaggi, ma lasciano nel fondo l’angoscia di essi a tal punto che la sofferenza è solo sussurrata o sospirata.

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Del resto, come non ricordare Le vacanze dei signori Lagonia e difatti, il cognome dei protagonisti è un fine gioco di parole. Lì la dualità dei personaggi dava più compattezza alla drammaturgia, mentre in questo caso il numero dei protagonisti dirada ulteriormente il ritmo, decelerando verso l’epilogo che resta in ogni caso gravido di conflitti e tormenti irrisolti.

Infine, la tenuità dell’impianto delle luci e la forte connotazione di ambiente chiuso e domestico – compaiono due piccole finestre tra l’altro in alto rispetto al piano dell’azione – che non cambia, sono l’altro aspetto di una scrittura e una costruzione scenica semplici e essenziali che vanno basandosi su tempi rallentanti, spesso cadenzati sul cambio dei quadri. Tuttavia lo spettacolo, pur avendo un ingranaggio non sempre costante o particolarmente articolato, non annoia chi guarda, ma riesce a far qualcosa che non è mai scontato; racconta un’esperienza comune a tanti e, proprio per questo, ci è vicino e ci commuove.

 

QUASI NATALE

scritto da Francesco Lagi
con Anna Bellato, Francesco Colella, Silvia D’AmicoLeonardo Maddalena
disegno suono Giuseppe D’Amato
scenografia Salvo Ingala
costumi Andrea Cavalletto
realizzazione scenica Alessandra Agresti
luci di Martin E. Palma
con il sostegno di Compagnia Licia Lanera
organizzazione Regina Piperno
regia Francesco Lagi

Teatro dell’Elfo, Milano
27 ottobre 2019

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