RITA CIRRINCIONE | Sotto un cono di luce, al centro della scena, un corpo ammantato d’argento riverbera bagliori luminosi nel buio circostante e sulle figure in nero che lo affiancano. Avvolto dal prezioso mantello che grava sulle sue spalle quasi piegandolo, ecco EL, il Re e il Sacerdote del Sole. È circondato da “due donne, due vecchie, un eunuco, uno sposo, una sacerdotessa sposa”. Sono tutti schierati di spalle, ieratici e solenni, a celebrare la liturgia del potere che crea idoli e li distrugge.

الجبل EL di Simone Mannino – ph. Abderah Cherif

La prima scena di الجبل EL – ultima creazione teatrale del regista Simone Mannino con il suo Mediterranean Theatre Ensemble – sembra già esprimere e condensare i temi al centro dello spettacolo: il potere e la corruzione, l’identità e la ricerca spirituale.
Andato in scena in prima assoluta nazionale alla Sala Strehler del Teatro Biondo nell’ambito della quinta edizione di Between Land And Sea-BLAS, festival culturale ideato e prodotto da Fondazione Studio Rizoma svoltosi a Palermo dal 7 al 9 giugno, الجبل EL  era stato presentato in anteprima a Tunisi lo scorso autunno con un cast internazionale di artisti e attori.
الجبل EL si ispira alla figura storica di Eliogabalo, giovane siriano sacerdote del Dio Sole a Emesa, sua città di origine, divenuto imperatore romano nel 218 all’età di quattordici anni con il sostegno di quattro donne – la madre, Giulia Soemia, la sorella della madre, Giulia Mamea, la nonna materna Giulia Mesa, e la prozia Giulia Domna. Durante il suo breve regno (fu assassinato all’età di diciannove anni per una congiura di palazzo ordita da alcuni dei familiari che lo avevano portato sul trono) sovvertì le tradizioni religiose tentando di portare a Roma il culto solare di Emesa. La sua vita sessuale considerata depravata ed eccessiva (si tramanda che ebbe cinque mogli e due mariti) e la sua incapacità a ricoprire il ruolo di imperatore nel solco della tradizione, suscitò una sempre crescente opposizione nel popolo e nel Senato che sfociò nel suo assassinio per mano della guardia pretoriana e nell’insediamento del cugino Alessandro Severo.

Tratto dal libro Il sole invincibile di Claudia Salvatori, con estratti da Heliogabale ou l’anarchiste couronné di Antonin Artaud, nell’adattamento di Claudia Salvatori e Simone Mannino, الجبل EL getta una nuova luce su una figura da sempre associata al fanatismo religioso, alla depravazione e alla decadenza dei costumi e per questo condannato alla damnatio memoriae, e disegna il profilo di un giovane uomo vissuto in un’epoca simile alla nostra che, con il sogno utopico di un mondo multietnico e multiculturale senza guerre e con l’idea visionaria di unire in un solo culto tutte le religioni esistenti, riesce a parlare alla contemporaneità.

Simone Mannino

Incontriamo Simone Mannino subito dopo lo spettacolo, prima che faccia rientro a Tunisi. Più che un’intervista è uno scambio di intuizioni e di idee scaturite dalla visione di uno spettacolo in cui coesistono molteplici linguaggi artistici che si prestano a una pluralità di interpretazioni, e che alla fine compongono uno sguardo d’insieme su الجبل EL e su questo artista palermitano che con il suo Ensemble teatrale e i suoi progetti multilingue tra Europa e Nord Africa, sembra ripercorrere e inseguire territori e utopie del giovane imperatore protagonista del suo spettacolo.

Quando è nata la tua fascinazione per il personaggio di Eliogabalo e l’idea di farne uno spettacolo? In che misura i testi a cui hai fatto riferimento – Il sole invincibile di Claudia Salvatori e Heliogabale ou l’anarchiste couronné di Antonin Artaud – hanno contribuito?

Leggendo Artaud e il suo teatro in generale mi ero sempre chiesto come metterlo in scena ma per tanto tempo non l’ho fatto, evidentemente non ero pronto. Anche il suo testo su Eliogabalo da tempo era nella mia testa ma solo quando ho letto Il Sole Invincibile di Claudia Salvatori sono riuscito a mettere a fuoco il personaggio e a trovare la chiave per aprire la cassaforte di Heliogabale ou l’anarchiste couronné, un testo che sembrava scritto come un monumento anti-teatrale. Sotto le mie indicazioni Claudia ha lavorato sulla sua parte di testo, sui personaggi e sulla divisione delle scene. In mezzo, ho tessuto la scrittura di Artaud e inserito un personaggio d’invenzione, quello della piccola accattona.

Una parete di corde che vibrano e risuonano al tocco delle dita separa la scena dal pubblico rimandando l’immagine di uno spazio scenico come una grande cassa armonica. Da quali esigenze drammaturgiche nasce questa idea?

Una quarta parete che fosse una barriera di suono e di luce è stata la prima visione che ho avuto sullo spettacolo; una parete che consentisse allo spettatore di spiare la storia e agli attori, da dentro, di raccontarla indisturbati. Allontanare la storia come se si svolgesse dentro una bolla temporale ha creato l’effetto contrario. Un po’ come accade nella prospettiva rinascimentale in cui una cupola sembra ingrandirsi tanto più ci si allontana. Ma a un certo punto la bolla dentro cui si muove El e il suo cerchio magico – le quattro donne artefici della sua ascesa e della sua fine, Aquilia Severa, la sposa sacerdotessa di Vesta, Gannys, il suo precettore eunuco Ierocle, il suo compagno nato in schiavitù – si rompe con l’irruzione delle voci del popolo, un coro greco incarnato dalla figura de La piccola accattona, l’unico personaggio che ne era rimasto fuori.

الجبل EL di Simone Mannino

El è uno spettacolo denso e stratificato che può essere visto e raccontato seguendo i diversi livelli con il rischio di tralasciare sempre qualcosa. È possibile farne un’esposizione per “quadri” che lo sintetizzi senza amputarlo?

EL è composto da un prologo e tre banchetti, intervallati da tre movimenti. I banchetti sono i blocchi di testo, ossessivi e ripetitivi: si dice sempre la stessa cosa – darsi in pasto, mescolare insieme le carni – ma con parole diverse. I movimenti, mimati e cantati con accompagnamento musicale, rappresentano invece le azioni di transizione tra un blocco e l’altro, azioni che possono anche non avere alcun rapporto con l’argomento. Questo schema fa sì che il principio fondamentale di questo spettacolo sia la transitorietà, il piacere estetico e la struggente fragilità di tutto ciò che è bello, in un’idea di estetica provocatoria e politica.

Between Land And Sea, il titolo del festival all’interno del quale è inserito El, sembra così calzante con il personaggio e la sua storia – ma anche con questa messinscena tra Tunisi e Palermo – che potrebbe esserne il sottotitolo. Come nasce la doppia nazionalità di El e la partecipazione al festival?

EL è il secondo spettacolo del progetto di Ensemble Teatrale Mediterraneo che stiamo tessendo dal 2021. È grazie alla prima edizione del festival Between Land and Sea che ha preso corpo l’idea di metterlo in scena. Con questo Ensemble transnazionale esploriamo nuove forme di espressione teatrale, sperimentando linguaggi e tecnologie innovative, promuovendo la collaborazione artistica con attori, drammaturghi e autori tra l’Europa e il Nord Africa, nel contesto del Mediterraneo contemporaneo, dunque tra terra e mare.

Come spettatrice ho avuto difficoltà a seguire il testo – oltre che in italiano, in francese e in arabo (lingue che non conosco) con sopratitoli in inglese e in italiano non sempre visibili – e ciò mi ha portato oltre il testo, verso una fruizione globale, attenta ai diversi linguaggi scenici: la fisicità degli attori con la loro gestualità e le loro posture, i movimenti e le interazioni di gruppo, il simbolismo degli oggetti scenici, i suoni, le luci, i costumi. Una babele di lingue per orientare verso il linguaggio universale del corpo e delle immagini?

EL celebra il dialogo interculturale e la pace attraverso un cast internazionale e una performance multilingue. Questo aspetto diventa una grande possibilità artistica, soprattutto per la parte più visiva e plastica del mio lavoro. Per me è stato fondamentale stare in ascolto, lavorare sulle emozioni e trasformarle in movimento vitale, scioglierle e restituirle in nuove visioni nel tempo dello spettacolo. Credo che uno spettatore aperto all’ascolto possa percepire questo flusso, senza necessariamente comprendere il testo. Per me le parole sono musica, vengono scolpite nel gesto dell’attore.

الجبل EL di Simone Martino

La musica originale eseguita dal vivo ricopre un ruolo di primo piano: a parte quella della viola di Ruth Kemna, la sposa vestale di El, quella elettronica di Gaetano Dragotta sembra che svolga un vero e proprio ruolo drammaturgico, quasi che sia stata concepita contestualmente al testo. È così?

Sì, precisamente. Ruth Kemna è una straordinaria violista e performer che con tre sole note ha creato lo spettacolo. Per me era fondamentale non tanto la sovrabbondanza di suoni ma un lavoro sulla qualità e sull’intensità del suono. Con Gaetano Dragotta lavoriamo da molti anni insieme e abbiamo un rapporto di sinergia creativa davvero singolare. Il suono lo scriviamo durante le prove sia a tavolino che in scena con gli attori: intervalli, contrappunti, melodie. Ogni tanto fischietto dei motivi che poi lui elabora con estrema puntualità e precisione. Tutto cresce insieme allo spettacolo come una composizione operistica, una sinfonia. Lui è un grande musicista ma per me rappresenta anche l’attore in più.

Il flusso dei movimenti scenici degli attori o la loro gestualità, alcune “azioni coreografiche” che tracciano linee e traiettorie quasi visualizzabili, il comporsi di forme che si fissano in una successione di tableaux vivants sono tutti elementi che richiamano la tua esperienza di artista visuale. Quanto l’attività di pittore e scultore influenza il tuo teatro?

Moltissimo. Diciamo che il mio è un lavoro unico e non faccio più distinzione tra teatro, arti visive, performance e mostre. È un flusso continuo di lavoro teso verso nuove maniere di intendere, di pensare e di percepire lo spazio scenico. Tutto quello che può essere immaginato, può essere anche compiuto. L’immagine è immanenza, contro interpretazione e trascendenza.

الجبل EL di Simone Mannino

Seppur addolcite da un’attenzione all’estetica delle forme, nello spettacolo sono presenti delle scene di sesso abbastanza forti. Come hai affrontato il tema della sessualità che per El si colloca tra ricerca spirituale e trasgressione?

EL è un giovanissimo imperatore romano proveniente dalla Siria, è devoto ai culti eleusini, e il dio che più lo rappresenta è Dioniso. Per lui e la sua cultura, che era quella egiziana, la prostituzione è un atto sacro. Quando arriva a Roma si ritrova a frequentare i bordelli, ma lo fa come un sacerdote, un faraone e non da pervertito. Era questa una differenza fondamentale che gli scribi del tempo non hanno testimoniato. Per lui la sessualità è sempre un atto sacro.

L’alternanza luce-oscurità e una prevalenza di varie gradazioni di nero nei costumi e nell’allestimento scenico richiamano una certa estetica dark. Qual è la funzione drammaturgica di questa scelta?

Solo nel silenzio la parola, solo nel buio la luce, solo nella morte la vita.

 

الجبل EL

ideazione, scenografia e regia: Simone Mannino
da IL SOLE INVINCIBILE di Claudia Salvatori
con estratti da HELIOGABALE ou l’anarchiste couronné di Antonin Artaud

con: Maher Msaddek, Chiara Muscato, Aymen Mabrouk, Ruth Kemna, Haithem Moumni, Gisella Vitrano, Mariem Sayeh, Valeria Sara Lo Bue, Khouloud Jlidi
testo e adattamento: Claudia Salvatori, Simone Mannino
musiche originali: Gaetano Dragotta, Ruth Kemna
sound designer: Gaetano Dragotta
costumi: Philippe Berson
direttore tecnico e luci: Yazid Bel Hedi
assistente alla regia: Amal Manai
assistente alla scenografia: Andrea Mannino
collaboratori tecnici: Giuliana Di Gregorio, Pablo Crichton, Matteo Marini
produzione costumi: Azais Tunis, Sartoria Francesca Pipi
organizzazione: Habib Bel Hedi
produzione: Teatro Le RIO, Atelier Nostra Signora, Ensemble Teatrale Mediterraneo
con il sostegno di: Istituto Italiano di Cultura di Tunisi, Comune di Palermo, Regione Siciliana – Assessorato Regionale del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo

Sala Strehler del Teatro Biondo
Palermo, 8 giugno 2024