La_voie_du_TaoMARIA CRISTINA SERRA | Ultimi giorni al Grand Palais di Parigi per una mostra ispirata ai principi del Tao. Oltre 250 opere, pannelli dipinti su seta e su pergamena, manoscritti, sculture per un percorso che ammalia i sensi
Una sensazione impalpabile di calma e di lievità accompagna i visitatori nel Grand Palais, a Parigi, mentre intraprendono l’affascinante viaggio “iniziatico” attraverso i principi filosofici, religiosi, artistici, pragmatici e anche superstiziosi di una Cina che si perde nella notte dei tempi, per arrivare fino ai giorni nostri con gli eterni quesiti universali dell’armonia dell’uomo con l’universo. E’ questo il senso della mostra “La via del TAO e una diversa strada dell’Essere”.
Oltre 250 opere, pannelli dipinti su seta e su pergamena, manoscritti, sculture in legno, in giada e onice, porcellane e bronzi, stampe ed acquerelli, suddivisi in maniera tematica, per offrire una rilettura inedita dell’arte cinese e della sua rappresentazione estetica e spirituale.

Benvenuti così nel “regno del TAO”, la “via” che tende a riunificare l’essenza interiore e primaria dell’uomo con l’universo!

Una dolce melodia taoista fa da sottofondo tra le sale e favorisce la concentrazione per chi voglia scoprire i tanti aspetti complessi, attraverso la lunga strada della meditazione e dell’armonia con la natura, per raggiungere la “quiete del DAO” (in cinese moderno la T è diventata D). Il percorso si snoda così tra la cosmologia e l’ordinamento dell’universo, l’evocazione di Laozi il “saggio” (il fondatore della dottrina, cinque secoli prima di Cristo), il Pantheon degli Dei taoisti, la quiete della “Lunga vita” e, infine, i riti e le liturgie, che comprendono anche i talismani e gli amuleti propiziatori. Sì, perché il Taoismo è una disciplina interiore dai profondi insegnamenti filosofici trascendentali, ma è anche una religione di massa, “popolare”, che sconfina spesso con la superstizione e il “panteismo”, propiziatorio per qualsiasi attività terrena!

La celebre metafora usata dal filosofo Zhuang-tzi, che, sognando di essere una farfalla svolazzante, al risveglio rimane confuso per giorni, accorgendosi di essere Zhuang-tzi, ma non capacitandosi più se era realmente una farfalla che sognava di essere il filosofo, oppure viceversa, spiega con estrema raffinatezza il mistero della vita e della sottile linea che spesso divide il sogno dalla realtà, l’apparenza dall’essere.

“Fai in modo che fra te stesso e il mondo non ci siano dislivelli; che non sia il mondo grande e tu piccolo o viceversa; vigila che la realizzazione della tua persona non si misuri sulle ovvietà della tua mente; non lasciarti intrappolare da come il mondo si mostra; resta te stesso”. Questi gli insegnamenti di base del leggendario Laozi, “il Vecchio Maestro” ( o anche “Anziano bambino”, per alludere alla naturale armonia e spontaneità, che solo i saggi sanno mantenere), nato tra il IV e il V secolo a.C., contemporaneo di Budda e Confucio, e secondo la tradizione uno dei fondatori del Taoismo, autore del testo fondamentale “la Via e della Virtù” (il Tao te Ching).

La “Bibbia” dei taoisti raccoglie il pensiero della “mutevolezza perpetua”, dell’Essere e del Non-Essere, l’alternanza tra chiaro e scuro, tra vuoto e pieno, il flusso della vita e della morte, senza inizio né fine, offrendo infinite possibilità per l’armonia dell’uomo.

Laozi, l’archivista, scrivano di corte divenuto Venerabile Celeste, nella mostra al Grand Palais èraffigurato nelle molteplici versioni ed episodi emblematici della sua lunga vita: su pannelli, dipinti, disegni, decori di porcellane finissime o su statuine di giada. A catturare l’attenzione con la sua intensa carica espressiva è il piccolo bronzo dorato, alto appena 14 centimetri, risalente alla dinastia Ming, che rappresenta Laozi accovacciato su se stesso, la testa calva inclinata su un ginocchio.

Un bellissimo vaso tondeggiante di porcellana, che grazie alle particolari nuances imita il bronzo (epoca Qianlang), decorato con il simbolo dello Yin e Yiang, ovvero i semi di ciascun opposto, come il bianco e il nero che si fondono tra loro circolarmente, è l’emblema del perenne dualismo delle cose e della compenetrazione delle diversità, che invece di adattarsi a un compromesso, tendono ad un equilibrio superiore e complementare, secondo i canoni del TAO.

“La Quiete dei semplici della montagna” è un bassorilievo di piccole dimensioni in giada, dalle incredibili trasparenze. Quasi a simboleggiare che la leggerezza della materia stessa possa alludere alla spiritualità. La montagna, con le sue vette proiettate fra terra e cielo, è un luogo privilegiato per raggiungere un ideale armonico: fonte di ispirazione infinita per poeti ed artisti. La montagna, simbolo ricorrente, con le sue cime inaccessibili, che fanno da ponte verso le stelle, dove siedono gli Dei e dove regna anche l’armonia del cosmo, che tutto regola, anche i destini dell’uomo, che l’astrologia taoista può svelare. La montagna luogo dell’anima, dove il maestro taoista si ritira nell’antro più oscuro delle caverne, è anche l’elemento ricorrente in molte delle opere presenti nell’esposizione parigina (incantevole il minuscolo bassorilievo di giada, che riproduce l’eremita taoista nella caverna mentre osserva il fungo dell’immortalità), così come in molti simboli propiziatori, utilizzati per chiedere longevità o una salute sempre sana. Notevoli sono le raffigurazioni di funghi, frutti (specialmente la pesca) in corniola, giada, tormalina e onice, a sottolineare così l’importanza di una sinergia tra il mondo animato e non, tra il “soffio vitale” della natura “vivente” e l’arcano misteriosofico, magico, imprigionato nei minerali: perché per il TAO l’energia vitale è fondata dalla materia stessa.

L’individuo, la società e la natura devono vivere in sinergia fra loro, per garantirsi la sopravvivenza. Un concetto fondamentale, valido ieri e ancora oggi di drammatica attualità!

La mostra “La via del TAO” termina il 5 luglio e la maggior parte delle opere che sono esposte al Grand Palais tornerà nelle rispettive sedi parigine, come il museo delle Arti orientali Guimet. Chi volesse ripercorrere nuovamente questo viaggio nello spirito e nelle arti, sospeso tra alchimie misteriose e ricerca di una quiete agognata, potrà farlo anche in seguito. Un’occasione in più per conoscere l’identità profonda di quel popolo che si autodefinì “Terra di Mezzo”, ma anche “Centro del Pianeta”, per le sue straordinarie capacità nel commercio e nell’inventiva, nella ricerca più ardita e nel pragmatismo più esasperato.

Le mille contraddizioni del “Pianeta Cina”, insomma, sembrerebbero proprio avverare il messaggio profetico del Taoismo: solo in armonia con la natura, l’uomo può vivere saggiamente, altrimenti prevale il caos. Nella Cina di oggi, pur non osteggiando come una volta il Taoismo, la logica aberrante del profitto sta invece distruggendola dignità umana e inquinando la natura della “Terra di Mezzo.

“Se il cielo non avesse ciò per cui è chiaro, temerei che si lacerasse. Se la terra non avesse ciò per cui è tranquilla, temerei che si sollevasse”, ammoniva saggiamente il TAO TE CHING alcuni millenni fa!
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