MARIA CRISTINA SERRA | Un’esposizione singolare, “Les yeux du Louvre”, che con sensibilità ed eleganza accomuna i capolavori di un tempo con le immagini del presente. 60 foto in Bianco/Nero che rileggono i capolavori dei grandi pittori dal Rinascimento all’Ottocento, miscelandoli con i ritratti dei dipendenti del Louvre (fino al 15 agosto)
La rue de Bretagne, ideale luogo d’incontro fra la Parigi popolare, che dal Carreau du Temple, vicino Place de la Republique, si estende fino Les Halles, e quella più à la page, che vive nell’intreccio di stradine medievali punteggiate da esclusive boutique e gallerie d’arte del Marais, ha mantenuto nel tempo la sua identità storica. Se nella parte alta e “più nobile” del Marais si incontrano i rinascimentali Hotels Particuliers (sedi dei musei Carnavalet, Archives Nationales, Cognacq-Jay, Picasso, Maison Europèenne de la Photographie), a dettare gli itinerari in quest’angolo accogliente del 3° Arrondissement, come un enciclopedico museo all’aperto, sono le numerose fromageries, boulangeries, charcuteries, caves aux vins, boucheries.
L’immaginazione è così veicolata, al di là della consistenza reale delle cose, a scoprirne la “realtà parallela” e la dimensione mentale. Il fil rouge della memoria collettiva, attraverso un visionario e liberatorio gioco di corrispondenze e dissolvenze, ci conduce dalle strade brulicanti di normale quotidianità ai fasti del Museo del Louvre, per centellinarlo attraverso lo sguardo sottile di Mimmo Jodice, maestro nel ridefinire i rapporti spazio-temporali, passando attraverso il cancello del Marché des Enfants Rouges. Dal presente ai secoli lontani, il passo è breve. Il seicentesco “Petit marché”, il mercato coperto rionale più antico di Parigi, da subito associato dalla fantasia popolare ai bambini “dalle mantelle rosse”, colore della carità, del vicino orfanotrofio, è un punto di riferimento per gli abitanti del quartiere, articolato tra banchi di fiori, verdure, pesci, ristorantini etnici e regionali. Seguendo il richiamo dei profumi e dei sapori, per rue Vieille du Temple e rue des Rosiers, centro del vecchio quartiere ebraico, con i suoi bistrot Kosher e le botteghe che vendono dolci e speziati falafel, si arriva in rue de Rivoli e al Museo del Louvre.
Dal mosaico di aromi e colori ci si immerge nel prodigioso incanto del “Bianco/Nero” della affascinate mostra del fotografo Mimmo Jodice: “Les yeux du Louvre”. Nella Sala Sully, nei sotterranei del museo, in un’atmosfera misteriosa e in una scenografia austera, a cui fa da contrappunto l’ariosità dell’altissimo soffitto a volta, 60 ritratti in Bianco/Nero, rigorosamente allineati in un’installazione circolare, intrecciano relazioni tra di loro e indirizzano i loro sguardi intensi, inquieti, verso i visitatori, instaurando un ‘empatia sotterranea che predispone alla riflessione. Come in un sortilegio, qualsiasi riferimento a contesti storici o ambientali è cancellato, la scansione temporale resa fluida “in un presente assoluto” e contemporaneo. “Ho cercato di abolire il tempo e la differenza tra la pittura e la fotografia”, spiega Jodice, ” e di ridare vita, anima e carattere alle figure del passato e di conferire nuovo statuto ai modelli fotografici”.
Così gli “abitanti del Louvre”, grazie al superamento dei confini temporali, e al l’abbattimento delle barriere tecniche e linguistiche, tra pittura e fotografia, sono resi dall’artista napoletano (mago nel rendere sublime l’immaginifico della realtà urbana e concreto l’archetipo dei reperti archeologici) con uno stile asciutto e oggettivo, velato di delicatezza. Il dosaggio perfetto della luce che quasi scolpisce le immagini, dopo averle scomposte e riassettate, per amalgamare l’Antico con il Moderno, conferisce loro una naturale solennità. “Fotografare un viso dipinto”, dice Jodice, “significa renderlo al presente, annullare tempi e differenze”. Così 40 volti,scelti in base alla loro espressività, estrapolati da dipinti celebri, sono affiancati in un ritmico montaggio da 20 ritratti di contemporanei. In una successione di immagini dal forte impatto emotivo scorre davanti ai visitatori l ‘universalità dei sentimenti umani.
“Passione, ansietà, nobiltà, arroganza, stupore, ironia, timidezza, tenerezza” accomunano uomini e donne di ieri e di oggi, indipendentemente dalle differenze sociali.
E qui affiorano nella complessità della loro intimità e segretezza come solo l’immediatezza delle immagini, più che le parole, è in grado di svelare. La poetica di Jodice, lontana da qualsiasi tentazione documentaristica, reinterpreta così i capolavori d’epoca rinascimentale e romantica, alternandoli con i “suoi” dipendenti del Louvre. Occhi e visi, di fronte o di tre quarti, raccontano le loro storie di condottieri, dame, alchimisti, direttori di museo, compositori, banchieri, custodi, restauratrici, filosofi, esperti in comunicazione: ognuno è lì con la propria identità, svincolato dalle strettoie del ruolo che il caso, la scelta o la nascita hanno ritagliato per loro. Con straordinaria maestria e sensibilità, Jodice allinea sullo stesso orizzonte immaginario i suoi scatti di oggi con gli sguardi dei personaggi, ritratti da Antonello da Messina, Dosso Dossi, il Veronese, Delacroix, Elisabeth Vigée Le Brun, Leonardo, Raffaello, Goya, Ingrés, David, il Perugino.
Il risultato è una meravigliosa alchimia in equilibrio fra instabilità dell’esistenza ed eternità, luminosa e irradiante interiorità e inconfessabili tormenti, rivelazione dell’invisibile e sottrazione del superfluo. Ogni personaggio presente o passato, più o meno noto, a suo modo riflette quella scintilla di autenticità, che permette di gettare uno sguardo del tutto inusuale sulla vita del museo, per comprenderne i suoi tesori, senza la fretta né l’ingordigia a cui spesso il turismo “mordi e fuggi” ci ha abituato. “Gli occhi del Louvre” ci penetrano dentro e ci aiutano a vedere con uno spirito nuovo le opere d’arte, per gustarle con i tempi lunghi della storia.
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