RENZO FRANCABANDERA | I luoghi della rassegna sono il Macro a Testaccio dal 5 al 7, e poi dall’8 al 18 settembre ci si sposta al Teatro India, sempre a Roma, per il grosso degli spettacoli. Short Theatre è una rassegna che da alcuni anni ospita spettacoli di teatro e danza, eventi performativi e musicali, dibattiti, presentazioni di iniziative culturali o editoriali di una comunità composita di attori, registi, performer, spettatori, operatori, studiosi.
Fuori dalla specificità di un tema legante, il collante di tutto è nel diritto di cittadinanza temporanea, spesso negata, che la direzione artistica (affidata a Fabrizio Arcuri, fra i promotori del sodalizio de Gli Artefatti) concede a percorsi artistici legati alla drammaturgia contemporanea e alle sue derive
Ne parliamo proprio con Arcuri.
Quali sono le linee guida che hanno indirizzato la programmazione dell’edizione 2011 di Short Theatre?
La linea guida che anima short theatre è da sempre quella di formulare un’ipotesi di programmazione che mescoli i generi e le generazioni e che abbia un occhio di riguardo sulla drammturgia contemporanea e sui nuovi linguaggi.
La comunicazione ufficiale del festival e ovviamente la direzione artistica tengono a precisare che
Short theatre non vuol essere in realtà un festival ma un’occasione di incontro e confronto. Su quale terreno avviene questo incontro e quale è il patto che si vuole stipulato fra programmatori culturali e fruitori?
Il territorio di confronto e di incontro è naturalmente quello dei linguaggi in primo luogo. Ma Short Theatre coltiva il desiderio di suggerire uno spazio adatto alla rigenerazione di una comunità che si riconosce nel pensiero, non quindi negli stili nè nei generi.
Il patto è dunque che a Short theatre ognuno cerca e trova quello che vuole, compresa la possibilità di incontrare persone, sostare in un luogo per conversare e dunque quello di restituire quanto possibile un valore di socialità all’arte.
Come sono andate le scorse edizioni della rassegna e cosa ci si aspetta da questa?
Le scorse edizioni sono andate ad alterne fortune con l’amministrazione e con le istituzioni, per tanto ogni anno abbiamo dovuto riformulare tempi e modi, ma il pubblico che è la vera anima di short theatre ha risposto con crescente interesse e partecipazione, dimostrando di accettare e condividerne l’essenza e quindi il patto di cui sopra.
Quest’anno ci aspettiamo che gli operatori culturali e l’amministrazione di questa città convengano che per coinvolgere i giovani e avvicinarli alla cultura e al teatro bisogna tentare di parlare il loro linguaggio e tentare di proporre qualcosa che li rappresenti.

Come ha inciso il taglio all’economia dello spettacolo sulla fase di programmazione?
Noi non siamo finanziati dal ministero quindi il paventato taglio non ha inficiato direttamente, siamo piuttosto in balia
del Comune di Roma e della Regione che hanno dei tempi poco consoni a chi intende la cultura come una progettualità. Il Teatro di Roma e Zetema progetto cultura sostenendoci a vari livelli ci consentono quanto meno una base su cui inizare a ideare.
Qual è il tuo punto di vista sul fermento artistico in Italia e in particolare su Roma, in quest’ultimo periodo? La crisi sta portando ad un risveglio anche della creatività o la situazione rimane sempre un po’ bloccata?
Ci sono crisi che fomentano la creativita’ e situazioni di stallo che la annichiliscono: credo purtroppo che stiamo entrando a pie’ pari in questa seconda fase.
Vuoi dare appuntamento ai nostri lettori presentandoci gli eventi in programmazione nei primi giorni di Festival?
Sicuramente non perderei le performance del collettivo di artisti Black Market International, che si alterneranno nei primi tre giorni al macro offrendo un occasione davvero rara dello stato della performance mondiale. L’evento davvero eccezionale è oltretutto gratuito, come altre cose all’interno della programmazione e poi al Teatro India dall’8 al 18 farei davvero fatica a nominare qualcuno a scapito di altri…