RENZO FRANCABANDERA | Liberamente ispirato ad un testo di Tiziano Scarpa, ha debuttato nei giorni scorsi il poetico e immaginifico “Scatorchio Blues”, interpretato da Luca Marchiori, accompagnato da due musicisti in scena e prodotto dalla compagnia lombarda Ilinx
Sono lì, in tre, fra bustoni di rifiuti, biciclette rottamate, scatole rotte e oggetti vintage recuperati in discarica. Cala il buio e uno dei due musicisti, con la maschera antigas, trae, sfiorando con un pestello di legno un posacenere di metallo di forma tonda, un suono quasi tibetano, ascetico, mentre l’altro intona un lamento figlio della più classica teatralità millenaria occidentale.
Al centro della scena, fra i rifiuti, un cassonetto. Dal cassonetto una voce. Una voce che inizia a raccontare in una lingua meridionale, ma di derivazione territoriale indefinibile, la storia di un amore di paese: Scatorchio per riconquistare la sua amata Sirocchia e sottrarla alle insidie del rivale che continua a fare “lo schiaccianoci” agli occhi di lei facendo il capopopolo in una sollevazione di paese, decide di appoggiare la scelta del sindaco corrotto di ospitare una discarica in cambio dell’installazione di un ripetitore televisivo. Perderà l’amore e la dignità di uomo e di cittadino.
E’ questa “in cinque righe”, come avrebbe richiesto C.F. Russo, storico direttore di Belfagor, la trama ricavata da Groppi d’amore nella scuraglia, testo assai ispirato, scritto alcuni anni fa da Tiziano Scarpa.
La libera rilettura ricavatane per Scatorchio Blues, serpeggiando nel testo con una non sequenziale sinuosità (scelta interessante e teatralmente opportuna, operata da Marchiori con l’ausilio di Maria Rosa Criniti e Nicola Castelli, che firmano la regia), rende merito non solo al meridionalese in cui Scarpa volle scrivere, ma soprattutto ai vertici poetici di quel testo, ai quali il gruppo ha saputo avvicinarsi con profondo e immaginifico rispetto, per ricavarne un esito dal tratto originale e tagliente.
Il duo di musicisti in scena insieme a Marchiori, composto da Tia Airoldi e Luca Piazza, ribattezzato “SurciPantecani” in omaggio alle creature bestiali cui Scarpa dedica i suoi intermezzi letterari in Groppi, regala un’ulteriore e icastica texture musicale, ricavata esclusivamente da oggetti di recupero, come quasi tutto quello che è in scena.
Marchiori emerge dal suo contenitore e racconta con bravura attorale la storia di Scatorchio, abitando in ogni forma il microcosmo cassonetto; e, anche quando se ne porta fuori, rimane sollevato da terra, come a raccontare un’esistenza sospesa in un mondo immaginario, a sfidare la drammaticamente plumbea materialità in cui tutta la storia si svolge.
La maggior poesia si raggiunge nelle preghiere-imprecazioni che Scatorchio rivolge al Dio dei brutti, sporchi e cattivi, così simile alle sue creature da rimanere silenzioso e assente, da lasciare i disperati nella loro condizione di suicida ignoranza. In quel momento l’attore, aiutato solo dalle luci algide di Andrea Morarelli, raggiunge una capacità di compenetrazione con il messaggio profondo del letterario sottostante, rara da vedere in scena.
La passata condivisione di un progetto artistico con Marchiori ci porta per onestà a confessare una possibile distorisione in questa valutazione, ma con ancor maggior gioia sentiamo di poter dire, con altrettanta limpidezza, che questo punto di vista ha robustezza non solo nel nostro pensiero, ma anche in quello del pubblico che ha seguito il debutto di Scatorchio Blues a Cassano d’Adda, in apertura della rassegna Tagadà, organizzata da Ilinx, compagnia appartenente alla Rete delle Residenze Etre – Lombardia, che con coraggio produce Scatorchio Blues.
C’è da essere davvero contenti per questo gruppo di giovanissimi (tutti sotto i trent’anni) e per la loro prova d’arte teatrale così matura e ben riuscita, interpertata con giovanile e magistrale incoscienza e scandita da tempi e ritmi perfetti: senza ombra di dubbio, la miglior trasposizione scenica di un testo di Scarpa, fra le diverse proposte in questi ultimi anni. Da vedere assolutamente, con la speranza di una lunga tournèe.
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