ELENA SCOLARI| Si è appena concluso l’importante appuntamento con il grande teatro russo: L’idiota per la regia di Eimuntas Nekrosius è andato in scena al Teatro Franco Parenti di Milano con tre serate di tutto esaurito nei giorni 21-22-23 Novembre.
Sei ore sei di Dostoevskij in lituano. Il Principe Myskin arriva a Milano e Paneacqua c’era!
Bisogna amare molto il teatro, amare molto la letteratura russa e amare molto Eimuntas Nekrosius. Siamo orgogliosi di aver assistito a questo Idiota, una prova faticosa per gli attori, impegnativa per gli spettatori, sì, ma una grande lezione di teatro, realizzato con una professionalità rara.
L’Italia teatrale conosce il regista lituano da circa un decennio, da Milano e Venezia sono passati i suoi tre magnifici Shakespeare: Otelas, Makbetas e Amletas, un Ivanohe e un Faust indimenticabile. Le regie shakespeareane si fecero notare per la loro forza emotiva e per l’impatto visivo straordinario, Nekrosius è riuscito a spogliare i classici dell’autore inglese da qualunque orpello, li ha resi scabri, rudi, e proprio per questo è arrivato a colpire profondamente.
L’ostacolo della lingua è stato superato (oltre che dai sottotitoli in italiano) dalla potenza dei sentimenti e delle emozioni umane più elementari. Ricordiamo solo alcune delle magnifiche invenzioni sceniche di questi spettacoli: la lotta tra Desdemona e Otello che diventa una struggente danza della morte, il lampadario di ghiaccio che si scioglie lentamente sopra la testa di Amleto e accompagna il gelo della sua anima, Macbeth che si trascina sulle spalle un albero, presagio della maledizione della foresta, il pentolone delle streghe che sprigiona fuoco.
Il teatro di Nekrosius è sempre stato teatro della materia: legno, fuoco, ghiaccio, elementi primordiali che rappresentano la spinta inarrestabile dei desideri dell’uomo.
Ne L’idiota la materia è il sentimento. Il testo del romanzo di Dostoevskij, tutto basato sulla complessa psicologia dei personaggi, consente forse meno invenzioni teatrali, il regista sceglie quindi di mostrare il tormento interiore dei protagonisti, bruciati dalle loro passioni e dalle loro incapacità fino alla distruzione di sé. Gli interpreti sono tutti profondamente intrisi di sofferenza e dotati di un’espressività non comune, danno la forte impressione di sapere sempre esattamente cosa fare sul palco, non hanno mai indecisioni e la loro fisicità occupa lo spazio della scena come le continue emozioni occupano lo spazio del testo e quindi delle loro azioni.
Una grande porta basculante è il punto di contatto tra il mondo del romanzo e tutto ciò che ne rimane fuori, da lì i personaggi entreranno e usciranno, dal dramma e dalla vita.
Il Principe Myskin è un idiota leggero, di corporatura minuta e gli altri personaggi lo fanno spesso svolazzare, come un farfalla, muovono e manipolano il suo corpo come influenzano il suo comportamento. Myskin è in balia di una invincibile tensione verso il bene che lo porta inevitabilmente a provocare danni irreparabili. Non è idiota affatto, il giovane angelico che torna in Russia da una clinica svizzera dove è stato per curare l’epilessia, è un uomo sensibile e coraggioso, fragile e pericoloso proprio per la sua incrollabile sincerità. Subisce i pregiudizi, in una bellissima scena tutti gli girano attorno trascinando sedie bianche ospedaliere e sussurrando “Idiota… idiota…”, in uno spietato girotondo che stordisce e ferisce.
L’incantevole Nastassja Filippovna, sfrontata, ingabbiata nella sua bellezza, soffre forse più di tutti, riconosce la purezza di Myskin e nonostante le richieste del Principe (che l’ama ma di un amore pieno di compassione) non vuole infliggergli la condanna della sua eterna insoddisfazione, è attirata coma una calamita dal rozzo Rogozin e gli si concede, cosciente che sarà l’artefice della sua fine.
La giovane Aglaja è nervosa, insicura e innamorata del Principe, non irresistibile e tormentata come la Filippovna, i movimenti dell’attrice rendono perfettamente i suoi tentennamenti di carattere.
Lo spettacolo avanza facendoci entrare sempre più in contatto con i colori, i suoni della Russia e della sua gente.
Quattro atti, primo e quarto più corali, secondo e terzo più incentrati sulle figure centrali già citate.
In sei ore qualche affaticamento c’è stato, pur avendo ridotto il romanzo, lo sviluppo è comunque lungo, la scrittura di Dostoevskij non è immediata: è fatta di rivoli psicologici sottili che si dipanano con le interminabili riflessioni dei personaggi, che occupano gran parte del loro tempo con i pensieri. Ne L’idiota i protagonisti si rovinano l’esistenza seguendo solo i loro sentimenti, le passioni e le relazioni riempiono il loro tempo e il loro spazio, del resto “Quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità, il tempo non ci sarà più ” (Fedor Dostoevskij).