Moebius-davanti-manifMARIA CRISTINA SERRA | La vita deve avere la consistenza dei sogni per essere compresa e amata: imprevedibili e luminosi, assurdi e rivelatori, informi e pur fasciati nei colori della realtà. Leggerezza del cuore e profondità della ragione per raccogliere le molteplici fluttuanti alternanze dell’esistenza e gli strani schiribizzi del destino. Doni che possedeva in quantità, Jean Giraud, artista leggendario del fumetto, morto sabato mattina a soli 73 anni, dopo una lunga malattia, a Parigi.

Gir o Moebius, erano gli pseudonimi sotto i quali celava la complessità della sua identità, insieme alla necessità di vivere con coerenza il suo profondo bisogno di libertà interiore, che era “mio dovere esprimere anche attraverso i miei disegni”. Affabulatore delle nostre anime, insaziabili nel rincorrere trame ed esigenze di mondi poetici, sconfinati, oltre i quali cercare risposte alla finitezza delle cose apparenti. “Io sono un folle che può realizzare delle cose ragionevoli”, diceva di sé, perché un artista “sa cogliere i rilievi delle cose e diventare la voce del mondo”.
E allora noi lo vediamo sorridente e ironico come sempre e misterioso, curioso, profondo, mentre a bordo di una di quelle sue strane, ibride creature megalattiche si avvia all’esplorazione di cieli immobili, popolati da pianeti, galassie, firmamenti, sospesi senza tempo né spazio, che tante volte erano stati lo scenario, costellato di costruzioni barocche e fascinazioni surrealiste, sul quale ricamare le sue storie (Garage ermetico, Arzack, Il mondo di Edema, Incal), che mai imboccavano una sola soluzione, per lasciare perennemente sospesa ogni conclusione.

Certamente avrà portato con sé i suoi pastelli, per continuare a dare forma a quell’universo fantastico che emerge sotto traccia nel libero vagabondare alla ricerca di ogni possibilità; così da poter “scovare” in un deserto senza inizio e senza fine, la vita che si nasconde dentro il più piccolo granello di sabbia”.

Forse sta cavalcando in compagnia del solitario e malinconico “Soldato blu”, Mike Steve Donovan, alias Blueberry, per praterie assolate, sferzate dal vento, a rincorrere avventure dal sapore fiabesco e dai concreti minuziosi dettagli del disegno. Di sicuro non porrà limiti alla sua fantasia metafisica che aveva preso ispirazione dal “magico anello” del matematico e astronomo tedesco August Ferdinand Moebius, simbolo dell’infinito, per passare da un dimensione all’altra.

Ce lo immaginiamo così, insieme ai suoi due amici “principi dell’onirico”, Hugo Pratt e Federico Fellini, a spaziare tra le calli settecentesche della sua impalpabile visionaria “Venezia celeste”, privata dell’acqua per meglio sospendersi nell’azzurro eterno dei cieli, per rammentarci che il mondo per rinnovarsi ha bisogno di grandi sogni collettivi, perché senza di questi ci si può solo perdere.

Il servizio che Euronews ha dedicato alla scomparsa di Moebius

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Il video della stupenda mostra alla fondazione Cartier a Parigi
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