ANDREA CIOMMIENTO | Ai profani del linguaggio scenico Luca Ronconi non rappresenta il maggior esponente del “teatro di regia” bensì il maestro delle “prove a tavolino” dal momento che tutti, ma proprio tutti i suoi allievi vicini e lontani, racconterebbero ad ogni improvvido passante le indimenticabili ed eroiche gesta delle lezioni esegetiche dagli intenti filologici e storici in corollario alla recitazione risolutiva interpretata dallo stesso artista, anch’essa rigorosamente deposta sul pancone novecentesco. Quel che rimane allo spettatore orfano sarebbe solo una parte del tutto ovvero la rappresentazione serale, unica e parziale consolazione di viaggio ai confini dell’umana interiorità presente in prova (a detta degli allievi). Saranno gli occhi esordienti -volutamente schietti e certamente ingannevoli- a voler comprendere un po’ di più un teatro che affascina e fa stupire il blasfemo e non solo il discepolo, proprio perché allo straniero della scena (quello vero) poco importa dei tavolini e delle cassepanche dietro le quinte. Abbiamo così pensato di interpellare direttamente Lui, il direttore del Piccolo Teatro, da poco vincitore del Leone d’Oro alla Carriera 2012, convocato dalla Biennale Teatro di Venezia come uno dei cinque maestri del Laboratorio Internazionale (dal 4 al 13 agosto). Dileggio della nostra sorte, incontriamo il Maestro proprio accanto a un tavolino per poi allontanarci dal borbogliare dei presenti e riflettere insieme sulla questione pedagogica e artistica, riportando al centro del confronto la trasmissione di un sapere tanto antico quanto contemporaneo.
In questo Suo laboratorio gli allievi attori hanno avuto la possibilità di confrontarsi con quattro giovani registi che stanno muovendo i primi passi nel mondo del teatro. Da cosa nasce il desiderio di supervisionare in penombra questi giorni? Per prima cosa sono curioso di vedere come lavorano dei registi che non conosco. Quindi da una parte la curiosità e dall’altra mi pare che sia giusto. Anche perché ovviamente quando lavoro con gli attori devo trasmettere la mia esperienza di regista ma mi interessa anche vedere come dei miei colleghi più giovani si rapportano agli attori.
In riferimento alle nuove generazioni, come potrebbe definire un teatro mortale e un teatro vitale? Questo bisogna chiederlo al pubblico e non alle persone di teatro perché il teatro vitale è quello che fanno loro mentre quello mortale è quello che fanno gli altri (sorride).
I Suoi ultimi spettacoli portano la firma drammaturgica di Rafael Spregelburd, un amico teatrale che abbiamo avuto modo di conoscere a Buenos Aires ancora prima del suo debutto italiano al Piccolo Teatro e alle premiazioni Ubu. È innegabile il Suo interesse alla nuova drammaturgia, in che modo si è avvicinato alla scrittura dell’autore argentino? Non dico che Spregelburd sia il più importante autore contemporaneo ma sicuramente è il più contemporaneo degli autori che scrivono per il teatro. Parlo degli autori che scrivono per il teatro ossia immagino che, essendo lui stesso regista e attore, scriva un teatro tuttora fondato sul testo, sugli attori e su una drammaturgia solida al contrario di un teatro attuale, diciamo, in cui è presente solamente l’effervescenza dell’emozione immediata; una forma estremamente interessante ma non totalmente contemporanea.
Cosa intende con “drammaturgia solida”? Se c’è un autore tipo Spregelburd che ha un seguito in cui il pubblico si riconosce, allora vuol dire che è un autore in cui il pubblico si riconosce.
A proposito di pubblico, in un tempo di abusato linguaggio a base di spending review e rinnovamento del mondo, la sobrietà economica nella produzione di spettacoli crede sia un aspetto che interessi lo spettatore-cittadino? Non saprei cosa rispondere a questa domanda… (Sorridiamo entrambi) La sobrietà… (Ronconi riflette) Generalmente essere sobri significa non essere ubriachi.
Certamente, quindi a livello economico… A livello economico è qualche cosa che si può fare e che non si può fare. Mi capita di fare spettacoli… (Il regista riflette nuovamente) Diciamo, se sobrietà è la solita questione fra chi è ricco e chi è povero, si possono fare degli spettacoli interessanti ricchi e degli spettacoli orribili ricchi. Allo stesso tempo degli spettacoli importanti poveri e degli spettacoli orribili poveri. Quindi per comprenderci meglio: la sobrietà non è un carattere artistico.