ANDREA CIOMMIENTO | La satira filosofica del testo pirandelliano Così è (se vi pare), regia di Michele Placido, smaschera fin dalle prime scene gli abiti di cartapesta del perbenismo provinciale nelle famiglie borghesi d’inizio Novecento. Le incognite di una comunità -quella del paese in cui la signora Frola (Giuliana Lojodice) e il signor Ponza (Pino Micol) vivono, dopo essere fuggiti da un terremoto avvenuto nelle terre d’origine- divengono protagoniste quotidiane del rumorio di tutti i personaggi in scena attraverso il grottesco abitare di un umorismo curioso e ambiguo. Al centro di ogni pensiero una donna rifugiata tra due possibili verità sul suo presente: rinchiusa a chiave dal marito che, dopo essere stato in casa di cura, si è convinto di aver sposato per la seconda volta un’altra donna anziché la moglie che ormai crede morta (a detta della suocera) o nascosta dal marito perché tormentata dalla signora Frola che, dopo la morte della figlia, si convince che la seconda moglie sia sua figlia, cercando a tutti i costi di vederla (a detta di Ponza). Una cosa è certa: la donna è invisibile e impenetrabile, almeno per ora.
L’enigmatico avvenimento mormorato insospettisce il nuovo capo di Ponza, il consigliere Agazzi, che da lì a poco richiederà al prefetto l’avvio di un’inchiesta per dare fine a questo mistero almanaccato. L’unico a difendere il dramma famigliare sarà Lamberto Laudisi (Luciano Virgilio), cognato di Agazzi, sostenitore dell’inutilità di questa inchiesta, dal momento che ogni verità non può mai essere assoluta, tantomeno negli spiragli di risolutezza immaginata dai suoi compaesani, ansiosi di scoprire dove risiede il germe della follia.
Lo spettacolo di Placido porta a nudo la forma attraverso lo svolgersi sostanziale di tre atti ordinariamente organici. La costruzione del soggetto in questione (la figlia/moglie) è uno sfogo a intermittenza che sbilancia, ritrae e scuote in ogni istante la verità di una e dell’altra esistenza, conducendo la ricerca verso lo sguardo consapevole del difensore Laudisi o verso quello smarrito dei compaesani farfuglianti. La scenografia di Carmelo Giannello riflette la storia insieme alle sfumature tridimensionali di ogni azione scenica grazie alla presenza di numerosi specchi che dividono gli spazi del dramma tragicomico, schegge scagliate al suolo che riportano al di sotto di ogni personaggio le linee del corpo di ogni attore. Un punto di vista simultaneo e contemporaneo sui volti della verità fino alla risoluta presenza ultima della donna, gentile fiore dialogico in bocca di tutti i presenti. La moglie del signor Ponza, con viso coperto, rivelerà il mistero: “io sono colei che mi si crede”, perché così parla la verità senza togliere il velo, senza s-velare la realtà, molto più impenetrabile di quanto possa apparire ai nostri occhi. Così è, se pare, lo spettacolo di Placido: un lavoro composito che assume l’incisività drammaturgica di Luigi Pirandello e la devozione canonica e pacata della sua regia.
Visto al Teatro Gustavo Modena di Palmanova (UD). Circuito Ert FVG.