NICOLA ARRIGONI | «Il dispetto è la spilla del mio desiderio», afferma Don Giovanni… In questa battuta e nella contrapposizione fra il termine dispetto e desiderio c’è tutta l’ambiguità del mito di Don Giovanni.
Se ci si rifà all’etimologia della parola dispetto: de (giù) spicere (guardare), guardare dall’alto verso il basso è in contraddizione con il de-siderio, che è volgere lo sguardo alle stelle. Don Giovanni vive di questo doppio sguardo: e non è poco.
Sfida il Cielo con lo sguardo ed è alla fine costretto a sprofondare all’Inferno, una condanna che gli è preannunciata ripetutamente dal suo fedele Sganarello che gli fa da voce della coscienza, o meglio da alter-ego di un contraddittorio fra il libero pensiero e il credere comune. Antonio Zavatteri ha reso tutto ciò con intelligente lucidità, calibrando con gusto ed equilibrio comicità e argomentazione, farsa e dramma in una coerenza di toni e varietà di forme più che apprezzabili. Il cielo — cui ci si riferisce in maniera ossessiva per tutta la pièce — è nuvoloso nel Don Giovanni di Gank, incombe, è angosciante, così come nella seconda parte la casa di Don Giovanni dove è atteso il Commendatore è una sorta di imbuto prospettico, per un allestimento che legge il testo rispettandolo e interrogandolo.
In tutto ciò Antonio Zavatteri è un Don Giovanni consapevole di sé, incastrato dalla bellezza, ma soprattutto disposto a portare all’estrema conseguenza la sua ricerca di libertà che si concreta nel condannare l’ipocrisia, vizio tanto alla moda nel mondo da diventare una virtù. Alberto Giusta è invece uno Sganarello che nel suo peregrinare al seguito del padrone è voce del comune sentire, ma incapace di opporsi al padrone, una mancanza dettata forse dalla convenienza che nella commedia equivale alla fame atavica dei servi.
La Donna Elvira di Ilaria Falini è vestale immolata, è il dolore delle donne sedotte, sposate e abbandonate di Don Giovanni che del dolore dell’altro non sa occuparsi, troppo preso dal suo desiderio d’altro: sempre in fuga dalle donne e dai debitori, sempre in viaggio, sempre inappagato. Massimo Brizi, Mariella Speranza e Alex Sassatelli vestono i panni degli altri personaggi, in un cambiare di voce e di abiti che non è mai macchinoso, appare preciso e ben caratterizzato, in cui l’aspetto farsesco — sempre presente anche nel Molière più maturo e introspettivo — si coniuga con giusto cabarettistico e spinte caricaturali trovando sempre la giusta misura.
Don Giovanni conferma la solida impostazione della Compagnia Gank, il suo onesto e fecondo interrogare i grandi testi, senza sostituirsi ad essi ma portandoli nel qui ed ora della scena. L’effetto allora è che quella condanna all’inferno è un bruciare interiore che risucchia in se stesso Don Giovanni che dal desiderio d’altro di trova fagocitato dal desiderio di niente, un cupio dissolvi inconfessato.
Qui alcune sequenze dello spettacolo in un video realizzato dalla compagnia
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DON GIOVANNI di Molière, traduzione Cesare Garboli, con Alberto Giusta, Antonio Zavatteri, Massimo Brizi, Alessia Giuliani, Mariella Speranza, Alex Passatelli, scene e costumi: Laura Benzi, luci: Sandro Sussi, regia di Antonio Zavatteri, produzione Gank-Teatro Stabile di Genova, al teatro Ponchielli, Cremona, 11 gennaio 2013