MARIA PIA MONTEDURO | Il monologo Novecento, a torto o a ragione, è considerato un testo cult. Diverse edizioni teatrali, una nota trasposizione cinematografica nel1998 a opera di Giuseppe Tornatore (“La leggenda del pianista sull’Oceano”, vincitore di ben sedici premi internazionali), molto successo di critica e pubblico. Può perciò essere interessante, a quasi vent’anni dalla prima stesura ad opera di Alessandro Baricco, assistere alla messa in scena del regista (Gabriele Vacis) e dell’attore (Eugenio Allegri) per i quali lo scrittore torinese nel 1994 lo compose appositamente. Occasione ghiotta quindi, offerta dal Teatro Eutheca di Roma, che per questo evento si sposta all’interno della cittadella Cinecittà, allestendo lo spettacolo nello Studio Fellini, la bellissima sala dove il Maestro amava seguire le proiezioni dei suoi film.
Eugenio Allegri dà voce, corpo, canto, musica a tutti i personaggi della pièce, con una solida prova attoriale in cui non sfigura un po’ di istrionismo d’autore, anzi. Il testo, coinvolgente, attraente, affascinante, affabulatore, anche furbo talora, incanta il pubblico, eccezionalmente composto da molti giovani (cosa, purtroppo, abbastanza insolita per i teatri romani). Come ebbe a dire lo stesso Baricco, il testo è a metà strada tra “una vera messa in scena e un racconto da leggere ad alta voce” e la scelta registica di Vacis e l’interpretazione di Allegri sono esattamente così: teatro per le suggestive invenzioni registiche di Vacis, esposizione narrativa seducente di Allegri, amalgamati da un filo conduttore musicale di grande presenza scenica.
La musica entra prepotente nella storia e nella perfomance, suggella un patto tra autore e attore, tra attore e pubblico, tra storia e narrazione. L’inverosimile storia di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, che non scenderà mai dalla nove su cui è nato fino ad attendere lì la morte, è cadenzata dalla musica: dal ritmo sincopato del jazz, dalla nostalgia suadente del blues, dalla genialità di un uomo che riesce a destrutturare la scala dei desideri, per trasformarla in una sorta di ascesi, di distacco serafico dalle convenzioni sociali e dalle aspettative dei più, per vivere in simbiosi con l’improvvisazione musicale. Baricco sa essere allettante e seducente, sa calibrare cultura e anche astuzia e inventa un personaggi che vive sospeso tra il suo pianoforte e il mare, ma che riesce a conoscere e a far sue, attraverso i racconti degli altri, tutte le sfaccettature e le atmosfere del mondo, pur non spostandosi mai dalla tastiera del suo strumento.
Uno spettacolo divertente e commuovente assieme, scritto e realizzato per piacere al pubblico, per farlo viaggiare sull’oceano assieme all’ineffabile Novecento. Allegri e Vacis sono bravissimi a non far calare mai la tensione, a non spezzare il filo che li lega agli spettatori, a dare corpo e soprattutto suono a un monologo che, forse, altro non è che la storia di un’amicizia: quella tra il narratore e Novecento, e quella di Novecento e il mare. Sarà il mare infatti, alla fine, a inghiottire tutto il mondo di Novecento, quello stesso mare che per lui è stato al contempo libertà e prigione, inizio e fine, alfa e omega del suo destino di leggendario pianista sull’oceano.