VINCENZO SARDELLI | Bisogna essere innamorati della poesia per apprezzare uno spettacolo come “Bestia di gioia”, monologo di e con Mariangela Gualtieri, che ha aperto sabato 19 gennaio 2013 al Teatro Verdi di Corsico (Mi) la quindicesima edizione della rassegna «Incontri».
“Bestia di gioia” nasce dall’omonima raccolta di versi (Torino, Einaudi 2010) di Mariangela Gualtieri, fondatrice con Cesare Ronconi del Teatro Valdoca. È dalle poesie di questo libro che prende il via quello che l’autrice definisce “un rito sonoro che si fa anima”.
Il breve monologo (50 minuti) non appesantisce lo spettatore che lo concepisce come una pausa dai ritmi quotidiani. È la poesia delle piccole cose: riflussi d’infanzia e profumi di campagna, feste di animali, inquietudini, colori soffusi: “Ciò che non muta/ io canto/ la nuvola, la cima, il gambo/…il coraggio dell’animale nella tana/ quando gli esce il nato fra le zampe…”.
Poesia rarefatta, come la scena. Una musica sfumata accompagna la protagonista: note di pianoforte, giri di violino. È una colonna sonora ridotta all’essenziale. Ogni potere evocativo viene lasciato alla voce, nuda davanti al microfono.
La parola entra in un giro di forze. Mariangela Gualtieri dosa parole e pause. Anche il silenzio è poesia.
I gesti sono fermi e solenni. La luce illumina un Moleskine che rimbalza tra le mani. Ne escono versi che raggiungono il pubblico: siamo stanchi e vuoti se perdiamo l’infanzia e la capacità di stupirci, se smarriamo la vena lirica che è dentro ciascuno di noi.
La tessitura si basa su un filo narrativo in cui la natura è in primo piano. L’io è in ascolto del suono.
Le parole si fanno materia. La voce della Gualtieri è quella di una sibilla che non lascia indifferenti.