body worldsELENA SCOLARI | Vederci riflessi in uno specchio è già un fenomeno speciale, potremmo dire “a ben guardare”. Vedere delle lastre o un’ecografia sono un altro modo di scrutarci, ma ormai ci siamo abituati e non ci sorprende più. Vedere invece un corpo intero, privo soltanto della pelle, con muscoli e organi a vista, ci lascia ancora stupefatti, eccome!

Body Worlds è la mostra di fama mondiale approdata anche a Milano alla Fabbrica del vapore dopo altre 60 città nel mondo e 35 milioni di visitatori, a Roma e Napoli 200.000. I numeri sono effettivamente ragguardevoli, e l’esposizione lo è altrettanto. E’ difficile rendere con parole abbastanza soddisfacenti quello che si vede alla Fabbrica del vapore in queste settimane, le foto qui pubblicate daranno un’idea più vicina allo stupore che ci ha catturato. Premettiamo che noi amiamo particolarmente le cose un po’ raccapriccianti, personalmente si subisce un certo fascino per ciò che spaventa e attira insieme, il buon vecchio gusto dell’orrido, insomma. E qui ne abbiamo, letteralmente, fatta una pelle!

Abbiamo visitato la mostra in una serata speciale in cui 30 persone hanno potuto assistere anche ad una performance di danzatori della compagnia di Ariella Vidach che si aggiravano tra le teche, ognuno di noi è stato dotato di un auricolare attraverso il quale una guida/professore/commentatore ci ha accompagnato attreverso le sale con alcune riflessioni e alcune domande (le risposte erano udibili da tutti gli altri del gruppo). Le cuffie hanno reso il percorso più particolare perché durante i quadri di movimento dei performer solo noi (la mostra era piena di altri visitatori) sentivamo suoni, astratti, rarefatti, che hanno dato una dimensione diversa al nostro muoverci, i danzatori hanno anche interagito con noi, tramite azioni di contatto e mini improvvisazioni a due.

Ma cosa abbiamo visto, più precisamente? Corpi, trattati con la tecnica della plastinazione inventata dallo scienziato tedesco Gunther von Hagens’, corpi a cui è stata levata la pelle e sono poi stati “cristallizzati” in varie pose: tra i più spettacolari il giocatore di basket intento a correre con la palla appresso, il ginnasta agli anelli, il ballerino sulle punte e senz’altro l’allegramente macabro trio dei giocatori di poker, seduti al tavolo con le carte in mano, tutti nella forma mostriamo i muscoli.

Superata la sorpresa per ciò che colpisce gli occhi si passa poi ad un livello molto più profondo non solo fisicamente, ma perché i corpi in mostra sono corpi veri, di persone esistite e che in vita hanno acconsentito a che il Prof. Von Hagen facesse dei loro corpi quello che voleva. Vediamo quindi uomimi e donne che sono state nel mondo come noi, fissati in un’azione che rimarrà per sempre la loro ultima. Filosoficamente è una faccenda tremendamente interessante. Siamo di fronte ad interrogativi che vanno ben oltre l’osservazione di (indubbia) utilità scientifica, qui vediamo dentro di noi, vediamo il pacchetto completo di ciò che per tutta la vita ci portiamo appresso, è una sensazione di consapevolezza di sé che raramente si prova. Quanta vita c’è in questi nostri simili fermati in un unico photoframe per l’eternità?

Quanta arte in una ballerina immobile sulle punte da anni, quanta paura in un cavaliere in sella a un cavallo imbizzarrito (cavaliere e cavallo entrambi plastinati), e quanto amore in due amanti che resteranno abbracciati fino alla fine dei tempi? Impossibile non trovare dell’alta poesia pur guardando qualcosa (o qualcuno) di estremamente fisico.

Un’anatomia che raggiunge la mente, attraversando tutti gli strati intermedi. Sono esposti anche organi singoli, a volte a confronto: un organo sano e uno malato, ovviamente impressionano i polmoni di un fumatore (ma pensare che proprio questi polmoni erano nel corpo di qualcuno che è morto per la ragione che possiamo toccare che effetto fa?), ma anche altri casi di malattia “visibile” inducono pensieri che nessuna spiegazione verbale può ottenere.

Consiglio a tutti la visita di questa mostra unica, ognuno ne trarrà la sua personale esperienza e sicuramente ne serberà un ricordo vivido.

Qui il servizio di  Francesca Capovani per il Tg RAI 3 realizzato nel periodo in cui la mostra è stata a Roma
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