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RENZO FRANCABANDERA & VINCENZO SARDELLI | In un concerto de l’Armeria dei Briganti, una loro canzone veniva introdotta dalla considerazione che tutti abbiamo avuto un amico bugiardo e se non ce lo ricordiamo, vuol dire che l’amico bugiardo eravamo noi. Questo vale ovviamente per l’amico pollo a poker e per il fratello stronzo.

Ecco, la nostra video intervista a Claudio Santamaria, Filippo Nigro e alla compagnia di Occidente solitario, in scena in questi giorni al Teatro Menotti di Milano, in cui la drammaturgia propone il legame conflittuale e ambivalente tra due fratelli intorno ai quarant’anni, sullo sfondo di un villaggio irlandese.

Il racconto noir del pluripremiato drammaturgo Martin McDonagh (la regia è del colombiano Juan Diego Puerta Lopez) è uno spaccato di vita reale cinico e bizzarro. Al centro due fratelli, appunto, in contesa dopo la morte del padre. Valene (Filippo Nigro) è un ebete calcolatore e geloso, affetto da cattolicesimo ossessivo-compulsivo; Coleman (Claudio Santamaria) è un ragazzone sprezzante, menefreghista, invidioso e volgare. Valene, che ha lavoro e quattrini, pensa solo a marcare con la sua iniziale tutto quello che c’è in casa; Coleman vive una vita futile e parassitaria: il suo unico divertimento consiste nell’arzigogolare trovate sempre nuove e paradossali per vendicarsi di Valene.

Frequentatore assiduo della casa è Welsh, il giovane prete locale (Massimo De Santis). Welsh beve come una spugna. Affoga nell’alcool i suoi mortificanti dubbi sulla religione e l’incapacità di mettere pace tra i parrocchiani. C’è una presenza femminile in questo sfacelo: è una ragazzina (Azzurra Antonacci) che percorre il villaggio “spacciando” whisky a domicilio. Segretamente innamorata del prete, Mary tenta di confortarlo con un mix d’ingenuità e malizia. Ma Welsh, ormai, riconosce il proprio fallimento: in ritirata dalla propria missione, imita la shakespeariana Ofelia, con la speranza che il suo gesto serva almeno a scuotere le coscienze dei fedeli.

Che l’ambientazione non sia propriamente universale ma tipicamente irlandese, lo rivelano alcuni dettagli: la casa dei due fratelli che richiama le atmosfere calde di un pub; i simboli inquietanti di un cattolicesimo di battaglia (una croce enorme appesa sul camino che sovrasta un fucile, decine di statue della madonna disseminate per la sala); il continuo ricorso all’alcol; le pesanti camicie scozzesi indossate dai due protagonisti.

Lo stile beckettiano della pièce trasmette la sensazione perenne che qualcosa possa accendersi a spostare gli equilibri: una violenza risolutiva, oppure una pace in grado di trasformare i tipi in persone.

Violenza verbale e violenza fisica sono le modalità comunicative dei due fratelli. Valene e Coleman sono attaccati al conflitto come all’unica possibilità di dare significato alla propria esistenza. Per loro è più importante litigare per un pacchetto di patatine che la morte di un amico d’infanzia o del proprio padre. Sono due bamboccioni incapaci di vivere l’uno senza l’altro. Consumano un rapporto simbiotico disfunzionale. Bisticciano come dei ragazzacci discoli.

E questo avviene anche durante questa divertente videointervista, in cui Santamaria e Nigro in grandissima forma e in modalità informale ci raccontano di loro, dei loro personaggi e di come l’attore gioca con lo spettatore.

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