chicagoboys_SartiVINCENZO SARDELLI | “Chicago Boys”, strampalata conferenza-spettacolo teatrale di e con Renato Sarti, racconta il degrado socio-economico del nostro tempo.
Esalazioni caliginose; un rifugio antiatomico con un brodo di coltura in cui sguazza come un coccodrillo un uomo volgare in palandrana rosso porpora, simbolo del potere; una donna-pantera seminuda (Elena Novoselova) degradata a trastullo sessuale: sono questi gli ingredienti scenici.
Luci rossastre soffuse creano un’atmosfera underground. La colonna sonora è centrata sul sottofondo rock and roll e rhythm and blues di Lou Reed, con qualche escursione nella musica classica e nel jazz.
Sullo sfondo scorrono, proiettate su una coppia di pannelli, dieci lezioni sulla falsa epopea del liberismo. Le immagini mostrate sono filmati di disastri ambientali, sorrisi irriverenti di uomini-caimani, storie passate e recenti di cinismo e violenza. Si parte dalla Prima Guerra Mondiale, si arriva ai giorni nostri. Cent’anni di dissoluzione.
Lo sfruttamento della ricchezza planetaria ad opera di pochi uomini avveduti e senza scrupoli a danno di una moltitudine di sprovveduti: ecco il mondo prefigurato dai Chicago Boys, giovani economisti cileni formatisi all’Università di Chicago nel 1970 circa sotto l’egida di Milton Friedman. Le loro politiche si caratterizzarono per un processo di privatizzazione e di liberalizzazione dell’economia mondiale che avrebbe condotto sì allo sviluppo economico dei paesi occidentali, ma anche ad acuire – denuncia Sarti – i già forti squilibri tra ricchi e poveri.
È un’economia degenerata quella dei “Chicago boys”. Pochi leader della politica e della finanza mirano al profitto sfruttando ogni mezzo, dalla guerra alla catastrofe naturale, dall’asservimento di altri uomini alla menzogna mediatica, fino al ricatto che fa leva sul bisogno di sicurezza.
Come una litania il protagonista, immobile nel proprio delirio di potere, cita gli slogan di questo liberismo selvaggio: “pubblicizzare le perdite e privatizzare i guadagni”, “libera volpe in libero pollaio”. Osserva come le grandi multinazionali abbiano puntato l’attenzione sullo sfruttamento delle materie prime. Intanto ogni giorno muoiono 5000 bambini nel mondo per mancanza di acqua potabile.
Crisi economica e crisi di valori. Ma questo testo è un dramma sulla cattiveria del genere umano, di cui i potenti sono solo un riflesso. Sarti, realista e aggressivo, spalleggiato da una caustica Elena Novoselova, porta in scena sentimenti oscuri e morbosi. Ci indigna.
Lo stile epico e grottesco del testo ribadisce che il teatro può confrontarsi con ogni aspetto della commedia umana. Il racconto-denuncia diventa psicodramma. Sprofonda nel delirante canto finale del protagonista, trasformatosi ormai in assassino.
Le note di Lou Reed sfumano nel punk. È il commento alla sottocultura demoniaca e scioccante esibita in scena. È una sorta di outing, che giudica e condanna i vizi del potere.

CHICAGO BOYS
testo e regia Renato Sarti
con la collaborazione di Bebo Storti
con Renato Sarti e Elena Novoselova
scene e costumi Carlo Sala
video realizzati in collaborazione con Fabio Bettonica e N.A.B.A. – Nuova Accademia di Belle Arti Milano
Il trailer di “Chicago boys”
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=ZhJMJsuLb_s]

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