francamenteNICOLA ARRIGONI | Ci sono l’Occidente e gli stereotipi della cultura pop americana, c’è soprattutto la tensione del teatro a farsi pensiero del mondo in Francamente me ne infischio di Antonio Latella, progetto drammaturgico e scenico in cinque movimenti da Via col Vento di Margaret Mitchell, condiviso con Federico Bellini e Linda Dalisi. Ciò che attende lo spettatore è un lungo viaggio nel mito a stelle e strisce, è un oratorio laico sull’America e sui suoi sogni infranti, sul mito e la realtà del paese che si è fatto mondo. Il kolossal teatrale di Antonio Latella è affidato a Caterina Carpio, Candida Nieri, Valentina Vacca che a turno sono Rossella O’Hara, il corpo femminile di un’America che sa essere contraddittoria e spietata, che sogna e persegue con determinazione le sue ambizioni, un’America puritana e sfacciata, nostalgica e spregiudicata. L’America con tutte le sue contraddizioni. Si parte con Twins, una carrellata di citazioni, una sorta di centone dei luoghi comuni e della retorica a stelle e strisce. Rossella O’Hara è una bambolina dalle fattezze di Valentina Vacca, è un’inquieta bambina attraversata da fremiti non prorio infantili, è Marilyn e Barbie, canta Non voglio mica la luna e dialoga con Neil Amstrong. Ci sono Bart dei Simpson ma anche lo scimmione di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick. Il primo frammento si nutre di un immaginario condiviso di un’America pop che in Rossella individua il suo stereotipo, la declina nella donna pin up, ha bisogno tanto della dolcezza quanto della guerra. Fra un’ironia e un po’ di enfasi Twins dice tutto ciò che ci aspettiamo da un ‘discorso’ sull’America e la sua molteplice identità. L’America si trasfonde poi in Atlanta secondo frammento della pentalogia. In una città fatta di casette che assomigliano a gabbie per uccelli, o abitazioni per le bambole, Atlanta è la città e l’America, ma è anche Rossella vestita a lutto e impegnata a organizzare la festa per raccogliere fondi per le vittime della guerra di Secessione. Candida Nieri balla, sceglie fra il pubblico il suo uomo, lo porta al centro della scena, ci balla spensierata, ma pur sempre vestita a lutto e vola, dice di voler essere una farfalla e non una mosca. Nel ballo c’è tutta Atlanta. è il ballo in cui si raccolgono soldi per le vittime della guerra. Atlanta si conclude con un inno al verde, al colore verde del dollaro, e alla potenza del nero, il colore del petrolio, ma anche la pelle nera degli schiavi del profondo Sud. Il nero di Black è un concerto a tre voci in cui si fronteggiano tre donne: una indiana, una bianca e una nera, la Mami del romanzo/film Via col vento, la prima attrice di colore a vincere l’Oscar e la bianca Rossella di Caterina Carpio, simbolo della razza padrona che ammicca con una pistola a Kill Bill di Quentin Tarantino nel suo urlo di protesta e orgoglio, nel suo razzismo senza pudore. Lo scontro si trasferisce in Match, il quarto movimento, in cui al tavolo ci sono tre gentiluomini: Frank, il secondo marito di Rossella, Ashley, la sua perenne ossessione, e Rhett, lo scaltro seduttore con cui si è sposata la terza volta. Rossella è raccontata dai tre uomini: tre prospettive di una guerra d’amore e passione con un’unica sconfitta: lei. Tanto è ritmato, enfatico, retorico Black, quanto è teso, sospeso, tutto sussurrato Match, in un cambio di modalità narrativa e di vivacità inventiva che conferma Antonio Latella intelligente pensatore teatrale. Francamente me ne infischio si chiude con Tara. é un colpo al cuore, è pura visione. La casa, in cui una Rossella invecchiata si rifugia, è luogo della memoria, è la sua madeleine. è casa delle bambole, è mondo idilliaco, perfetto, quieto, sognato. è la speranza di un futuro gioioso che forse arriverà domani, quel domani che fa dire a Rossella: «Domani è un altro giorno…».
francamente me ne Infischio da Via col vento di Margaret Mitchell, regia di Antonio Latella
(Teatro delle Passioni, Modena)

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