ALESSANDRO GUALANDRIS | Proviamo per un attimo a tornare con la mente all’Italia degli anni ‘60. Immergiamoci in un paese in forte crescita economica ma con la cultura ancora radicata in un’estetica classicista come quella per vent’anni enfatizzata dal fascismo e caratterizzata da una società molto conservatrice. Pensate, per esempio, di vedere nei cinema “La Dolce Vita” di Fellini e il giorno dopo, sull’Osservatore Romano, leggere richieste di censura che auspicavano addirittura l’intervento della magistratura (pazienza se poi, nello stesso anno, la pellicola vinse a Cannes la palma d’oro. Vive la France!). La donna è ancora lontana da un’emancipazione radicale e potente. I personaggi femminili di spicco nel cinema e in tv, sono ragazze dalle forme abbondanti, dipendenti dalle figure maschili di riferimento: che sia un conduttore cui fare da valletta “stupida” o l’(anti)eroe di turno, schivo, a volte quasi grezzo ma affascinante, cui affidarsi per essere salvata, poco conta: di fondo l’animo femminile è ancora soffocato.
In questo clima, due sorelle, Angela e Luciana Giussani, compiono una vera e propria impresa decidendo di dare vita ad un sogno. Angela, dotata di un grande ingegno imprenditoriale, ma anche di coraggio e fantasia, fonda la piccola casa editrice Astorina, con la quale pubblica (e pubblicherà sempre) Diabolik. Affiancata dalla sorella Luciana, più timida ma non meno geniale, danno vita a quello che non sarà un semplice fumetto, ma la storia di un paese. E solo dalla mente di due donne così diverse dal loro tempo poteva nascere il personaggio di Eva Kant.
Durante la splendida chiacchierata-presentazione in onore della mostra dedicata ai cinquanta anni di Eva Kant, tenutasi a Cartoomics 2013 (vi abbiamo accennato qualcosa qui), in compagnia di due grandi sceneggiatori della serie, Mario Gomboli e Tito Faraci, ai quali si sono uniti gli storici disegnatori Giorgio Montorio e Enzo Facciolo, abbiamo viaggiato nella storia italiana, nella sua società, attraverso le tavole di un fumetto. In questa panoramica, risalta l’evoluzione data attraverso la figura di Eva Kant alla posizione della donna dal 1963 in poi. Fin dal suo esordio nel terzo numero, L’arresto di Diabolik, dimostra di non essere la solita bellezza superficiale da salvare e sovverte questa dinamica evitando lei la forca allo spietato criminale.
Ora sembra difficile comprendere tale impatto nel mondo artistico e sociale, ma in un periodo in cui un giudice poteva ritirare un numero di Diabolik solo perché si vedevano lui ed Eva dirigersi, mano nella mano, verso un letto senza essere sposati, era facile percepirne il senso di disagio. Inoltre la bella ladra, sconvolgeva anche i canoni di bellezza dell’epoca: longilinea, atletica e senza prorompenti curve da mostrare. Come ricordava Gomboli “Mina in quel periodo girava con un cesto di frutta in testa, Eva Kant si presentò fin da subito con uno chignon semplice che poi sarebbe stato la moda degli anni successivi, fino ad oggi. E’ il personaggio più originale della serie. Diabolik trova le sue origini nella letteratura francese, come ad esempio Arsenio Lupin, mentre Eva era totalmente nuova”.
Da quel momento, dal suo arrivo nella vita del glaciale ladro, che per molti collezionisti coincide con il vero inizio di Diabolik, Eva Kant e il suo amante rappresentano per volontà di popolo la coppia italiana. “Sono stati probabilmente – continua Gomboli – la prima coppia di fatto italiana”. Perché se l’attrattiva principale erano le scorribande dei protagonisti e le battaglie con l’acerrimo nemico Ginko, “(…) i lettori – ci spiega Faraci – apprezzarono molto le scene che di solito non ci sono in altri fumetti del genere: Diabolik ed Eva che compiono azioni quotidiane, come guardare la tv in salotto e scambiarsi battute in cucina. Raccontare Diabolik ed Eva voleva dire raccontare una coppia italiana”.
Si spiega così tutta l’attenzione mediatica che negli anni ha esercitato la creatura delle sorelle Giussani. Nonostante la sua natura da fuorilegge, è stata spesso richiesta per campagne sociali e di carattere umanitario. Fino ad attirare anche grandi case commerciali che l’hanno inserita in numerosi spot, in molti dei quali rappresentava la vera forza della coppia: la donna (completamente emancipata e indipendente) che aiuta Diabolik, bloccato da una foratura della mitica Jaguar E. Ecco perchè il pubblico la considerava vera. Ci si poteva identificare.
Angela e Luciana Giussani hanno creato uno dei capolavori della storia del fumetto mondiale ed Eva Kant è sicuramente il loro lascito più importante, per il valore sociale che ha rappresentato. Se l’arte ha spesso il compito di narrarci la storia del tempo cui appartiene, sicuramente la complice per la vita di Diabolik identifica la storia di una difficile conquista raggiunta dalla donna in Italia. Di certo più lenta di come un personaggio innovativo e controtendenza come lei avrebbe accettato.
Vi lasciamo con un video realizzato alla mostra “Eva Kant: 50 anni da complice”, di cui vi abbiamo parlato, che attraversa tutte le fasi storiche della prima splendida metà di secolo di Eva, accompagnata dolcemente da un lento jazz.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=0F9IUomHdlo]
Avevo 14 anni nel 1965 quando scopivo Eva, mi innamorai subito, era e lo è ancora beate lei, bella e perfetta, ma come citi nell’articolo piaceva anche per la sua originalità e innovazione, condivido in pieno il tuo alrticolo.
Non ho mai letto Diabolik e conosco Eva Kant solo per “osmosi”, ma leggendo il tuo articolo mi rendo conto solo ora di cosa abbia rappresentato questo personaggio…Peccato che i media di oggi diano invece spazio ad un’immagine femminile totalmente diversa!
Articolo molto interessante!
io che ho letto Diabolik e come tanti della mia età hanno visto in Eva kant una donna straordinaria non posso far altro che condividere il tuo articolo trovandolo veramente interessante!