delirio-a-due_foto-di-patrizia-piccinoVINCENZO SARDELLI | Il teatro è una strana alchimia. Perché uno spettacolo sia riuscito occorrono un bel testo, dei bravi attori, una buona regia, e quel mix di dettagli tutt’altro che secondari che sono scenografia, musica e luci.
A volte, senza strafare, questi ingredienti sono splendidamente condensati in quell’ora di pura astrazione che è uno show ben orchestrato. È il caso di “Delirio a due”, di Eugène Ionesco, alla cui anteprima abbiamo assisto al Binario 7 di Monza nell’allestimento di Belle Bandiere, con la traduzione Gian Renzo Morteo.
Astratta, più che assurda, è questa messinscena che sottolinea la moderna struttura dell’antidramma di Ionesco. Astratta è la scenografia, impostata su sfumati in bianco e nero e incorporee venature di rosso su oblique geometrie rettangolari; astratti sono i fasci e coriandoli di luce proiettati sul nero da una sfera di quadrettati specchietti stile disco-music anni Ottanta; astratti sono i lampi che scolpiscono nel buio l’immateriale fisicità del viso e dei gesti dei due attori, Elena Bucci e Marco Sgrosso (hanno curato anche regia, costumi e scene) traslati di una Lei e di un Lui qualunque; astratta è la musica che dà il la alla pièce, inganno di ticchettii e sequenze d’archi. Astratta, infine, è la trama: Lei e Lui, banalmente normali, banalmente infelici, banalmente insoddisfatti, vicini e distanti, trascorrono la vita rinfacciandosi futilità di ogni genere: calunniandosi, rimpiangendo passate illusioni e sogni traditi. Al loro grottesco carnage fa eco il tremendo controcanto di una guerra molto più materiale, che sgretola muri e catapulta sulla delirante lite di coppia calcinacci, bombe e avanzi di cadavere.
Insieme all’astrazione è la contrapposizione la griffe di questo spettacolo cui hanno contribuito Raffaele Bassetti (drammaturgia del suono); Loredana Oddone (luci); suono Raffaele Bassetti; Giovanni Macis (direttore di scena); Claudio Ballestracci (lampade di scena); Marta Benini (sarta); Patrizia Piccino e Enrico Nensor (foto).
Continui e repentini cambi d’abito preludono a conformi cambi d’identità. Il presente meschino è contrapposto a un passato non meno meschino, ma trasfigurato dalla deformante lente di ricordi, rimpianti, dispetti e rancori. Musiche da commedia sentimentale, arie da chansonnier stile Aznavour, Trenet, Piaf, creano il “Cielo in una stanza”, paradossale sfondo alle scoppiettanti effusioni di rabbia. Eclissi e scintille, danze nevrotiche, battute sagacemente irrazionali, enfatizzano la comicità surreale di questo mondo capovolto.
Lei e Lui sono metafore di un’umanità intirizzita e ottusa, in grado di rimuovere con tenebrosa spigliatezza la più brutale barbarie.
Elena Bucci e Marco Sgrosso recitano con vivace realismo, con l’ossessiva ripetizione degli stereotipi del vivere quotidiano, dei luoghi comuni che sclerotizzano la parola e rendono impossibile la comunicazione. In “Delirio a due” la conversazione è frantumata in brandelli impazziti, con un esito di vero e proprio caos.
La libertà delle parole invade la scena in una successione affollata e illogica. È l’esasperazione del concetto di incomunicabilità tipico di tutti i testi dell’assurdo, che qui si traduce in un divertente e impietoso ritratto di ordinaria disumanità.

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