MARAT | Ho un’amica borderline. Tutti hanno (almeno) un’amica borderline. E se non la si riconosce, probabilmente siamo noi gli amici borderline, come il pollo al tavolo da poker. Comunque di solito è facile: alla prima chiacchierata, trovano presto il modo di parlare del loro analista. La mia amica borderline ovviamente fa l’attrice. Perché c’è questa cosa strana al mondo per cui se fai un mestiere artistico, ogni cosa ti è più o meno permessa. Quindi se fai l’attrice, hai diritto di scassare la balle al mondo intero. Perché sei fragile, sei sensibile, sei delicata, sei paolograssina. Sei creativa, sei in un rush creativo, sei in crisi, sei in un periodo inquieto, ti senti (ir)risolta, fai colazione con l’insofferenza, vai a letto con l’ansia. Al femminile perché la mia amica è (appunto) un’amica.
Ma il corrispettivo maschile è identico. Solo un pochetto più sul maledettismo rock’n’roll baudelairiano esistenzialista adolescenza forever di ‘sticazzi. Quindi più droghe e meno farmaci, nottate alcoliche, logorree da poetastri, la mitologia del maledetto, la mitologia del “non è che non ce l’ho fatta, non ce l’ho voluta fare”, una donna ogni sera (poi scopri che stanno con la stessa dalle lezioni di analisi logica delle medie), la domenica in barca a vela e i lunedì al Leoncavallo.
“Come campi?” chiedeva Moretti e mi chiedo io ogni tanto. Con tutto l’affetto, s’intende. Che il ristorante lo offro uguale senza paturnie. Ma più che altro poi mi vengono in mente quelle amiche (e quegli amici) fra tecnici, organizzatori, uffici stampa che paiono mangiarsi il mondo per correre da un appuntamento all’altro. Si spupazzano il pupo e nel frattempo trastullano il partner. Perdono gli occhi a ritoccare comunicati, il cellulare sorta di protesi cyberpunk acceso 24 ore su 24, sette giorni su sette. Come un alimentare libanese. Aziendalisti per missione, martiri per contesto socio-politico e allineamento degli astri, che non s’allineano mai come dovrebbero. Se loro cominciassero a lamentarsi sul serio, sarebbe davvero l’apocalisse. Altro che scioperi del lunedì sera… Forse per tenerli buoni si potrebbe almeno invertire l’ordine nelle locandine. Se proprio non li si vuole pagare dignitosamente, almeno dar loro un po’ di visibilità. Sperando poi che non si scoprano fragili pure loro.
Che non sentano la necessità di un analista. O di un giro in India. A ritrovar sé stessi. Ed esportare piadine romagnole.
Mondocane#4 – L’insostenibile leggerezza dell’artista
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stupendo già dall’incipit!
Paolo Grassi diceva: “bisogna sempre avere rispetto per l’egoismo degli artisti.” Facciamo tutti questo lavoro perchè ci sono loro, con le loro fragilità, giustificate o meno.