RENZO FRANCABANDERA | Winnie è la vicina pettegola, un po’ rompi, di quelle che mettono in croce il marito. Una che parla inarrestabile e inarrestata per un’ora di qualsiasi cosa, dal tempo alla borsa della spesa. Nella sua disponibilità prêt-à-porter, tiene con la stessa nonchalance la spazzola e la pistola. Suo marito è di fatto rintanato in un buco, ormai succube afono della strabordante compagna, che lo domina, addomesticandolo ad ogni suo volere: “Torna nel buco!”, gli urla perfino. E lui obbediente.
Pur nella sua infissa immobilità, la donna risulta paradigma di quella paradossale infelicità domestica di cui è facile trovare testimonianza negli sguardi da ristorante su quelle coppie in cui lei prova a rompere il silenzio mentre lui lancia silenziosi sguardi agli altri tavoli o fuori dalla finestra. Peggio ancora quando nessuno dei due parla. E mangiano. I falsi incontri, il criminale stare assieme, tempi e giorni infelici.
E’ subito chiaro quindi il paradosso di intitolare Giorni felici un monologo dal tratto quasi isterico, in cui Samuel Beckett racconta forse di due solitudini. In questo allestimento per il teatro Out Off di Milano, Lorenzo Loris in realtà si sforza, come ci conferma poi nella video intervista che vi proponiamo, di pensare che un dialogo, ancorchè unidirezionale, fra i due protagonisti, interpretati da Elena Callegari e Matteo Pennese, in realtà esista. Perché in fondo, sempre quelle coppie silenziose e consumate da ristorante di cui parlavamo, trovano in quel silenzio o in quell’ascolto pur non corrisposto, una funzione necessaria, di tenace resistenza alla solitudine.
Winnie è conficcata, come da copione, nella terra, qui un disco di enormi dimensioni (la scena è di Daniela Gradinazzi) su cui si rifrangono nuances luminose surreali affidate a Luca Sioli, e che soprattutto nella seconda parte assumono un’intonazione satura veramente spaesante e ipnotica. Poco ipnotiche, rudimentali e onestamente mal riuscite le proiezioni digitali che portano sul disco ora qualche fiore, ora fiocchi di neve da screensaver anni 80. Questo elemento scenico risulta di fatto superfluo e siamo sicuri gli spettatori futuri sapranno farsi ragione di una loro possibile eliminazione o utile ripensamento.
Dal punto di vista interpretativo lo spettacolo è affidato alle robuste spalle di Elena Callegari, alla sua capacità mimica, ai suoi sguardi di cui è possibile trovare testimonianza nella video intervista che completa questa riflessione e che trovate in fondo a questo pezzo. E’ lei, di fatto, a sostenere il peso di Giorni Felici, e in onestà ci sembra un peso calibrato che Loris ha come sempre con misura ponderato, riuscendo a condurre lo spettatore fino in fondo senza farsi scoraggiare e senza scoraggiarlo. Dandogli sempre l’impressione che potrebbe tacere da un momento all’altro, e invece ogni volta riprendendo senza pietà. Proprio come quelle vicine di pianerottolo venute a prendere un caffè cinque minuti e che non vanno più via, quelle signore a ristorante, quelle occasionali avventrici di un negozio da cui non escono più.
Quanto è dura la lotta alla solitudine che l’uomo deve combattere con se stesso.
Vi lasciamo alla video intervista a Lorenzo Loris.
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