MARAT | Nico me lo sussurra all’orecchio. Con quel suo vocione che fa a pugni coi lunghi capelli biondi. “Che vestito indosserà la povera ragazza alle feste di domani?” L’ascolto dal cellulare, neanche fosse la radiolina di una volta. Ma non c’è Sandro Ciotti, ci sono le feste di domani. Dove speri di rivederla. Quella che sei convinto che se non ci fosse stato lui ti avrebbe detto sì. Le feste che sorprendono. Che osservi col cipiglio snob del critichino. E poi invece sei lì che ti diverti. Come al Festival IT. Dove puoi scoprire che il teatro “indipendente” non è bellissimo ma almeno è vivace. Molto. Cosa che nei primi approcci può contare parecchio. Nell’incompiuta Fabbrica del Vapore, trionfo della mondanità alternative-chic. Dove Milano si accorge che l’autogestione dal basso funziona, con buona pace delle occupazioni liceali. E che se impari dalla musica, ci piazzi qualcosa da bere e una comunicazione (finalmente) all’altezza, perfino il teatro può funzionare. Certo, va un po’ messo a bolla. Dalla logistica alle porte aperte a tutti, che si trova roba da circoli ricreativi dopo-lavoro. Si potrebbe almeno pensare a una lineup… Ma si lavora in prospettiva. Fin dalla tavola rotonda con alcuni palcoscenici milanesi a far da maestrini e l’assessore Del Corno (quasi assente la critica). Sul tavolo: analisi delle condizioni di sussistenza degli “indipendenti”, ipotesi di riunirsi in associazione, opportunità o meno di farsi affidare uno spazio comunale (l’Ansaldo?). E un interrogativo a suonare come un’eco: ma quanta comunità muove il teatro “indipendente”? Slogan (sogno) vs praticità (realpolitik). Ovvero: voi affidereste una delle grandi potenzialità di Milano ai teatranti indie raccolti in gruppo? Nel caso voglio esserci. Fatemi partecipare alla rissa. Ma forse sarebbe più utile se l’ottima organizzazione di questi tre giorni – dove sono passate due mila persone – non si perdesse in voli pindarici ma dimostrasse lucidità. Per ribadirsi il prossimo anno, certo. Ma anche (e soprattutto) per porsi come voce politica “extraparlamentare”, consapevole delle proprie forze e dei propri limiti. Allora sì aprire un tavolo con il Comune. Magari per trovare nuove forme di patrocinio e promozione, canali privilegiati di visibilità, dialogo con gli operatori. Insomma, quale vestito s’indosserà in futuro? A volte anche un tubino nero alla Brenda Walsh fa sfaceli. Lo si è visto. Che se invece per uscire si aspetta di avere un paio di Louboutin si fa notte. E sai che noia.
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