VINCENZO SARDELLI | Facile per Corrado Accordino regalare settanta minuti di buon teatro se il soggetto della pièce è il talento maledetto di Wolfgang Amadeus Mozart. Facile perché, nella breve vita di Mozart, è condensata una miriade di episodi. Facile anche perché, nella scelta delle musiche, c’è solo l’imbarazzo della scelta, e sempre al riparo da brutte figure.
Ma c’è di più in Mozart, monologo prodotto dalla Danza Immobile che abbiamo visto al Teatro Libero di Milano. C’è il mito che irrompe nella vita di un adolescente sconvolgendola da capo a piedi. C’è un dialogo costante, spirituale e artistico, tra il genio del Settecento e un teatrante del 2013, efficace a distanza di due secoli.
Lo spettacolo Mozart (assistente alla regia è Valentina Paiano) racconta in parallelo la vita del compositore austriaco e quella dell’uomo Corrado Accordino. L’incontro risale ai sedici anni dell’attore, adesso 42enne. All’epoca era un adolescente timido e impacciato, con un variegato armamentario di maschere per camuffarsi nel branco: cresta e piercing, abbigliamento heavy metal, gusti musicali hard rock. Poi la folgorazione per Mozart, la rivoluzione nel modo d’ascoltare musica, di pensare e agire.
Mozart sregolatezza, talento e debiti. Mozart irrequieto enfant prodige, artista eclettico, uomo inappagato. Mozart avvelenata vita di corte ed epilogo bohemien.
I costumi di Accordino fanno pendant con una scenografia scandita da tortuosi drappi color tabacco che, agitati da giochi d’aria, creano effetti coreografici che si combinano con le musiche. Le dita dell’attore mimano note immaginarie. Le braccia evocano movimenti visionari. I comandi da direttore d’orchestra sono zoomati da luci circoscritte come giochi di prestigio.
Sulla scena, creata da Maria Chiara Vitali, compare anche una scimmietta peluche, animata dalla mano e dalla voce dell’attore.
Energia recitativa, gesti puliti, linguaggio forbito, Accordino propone un Mozart contemporaneo sia per l’inquietudine della sua opera, sia per la biografia scopertamente romantica.
Entriamo nel mondo musicale di un genio. Colpisce la commistione di fragilità e impudenza. Irretisce l’irruenza cantabile, la capacità di prendere in contropiede gli spettatori. Il colore delle armonie svela la competenza unica della musica nel raccontare i sentimenti.
Un fisico intossicato, quello di Mozart. Un’esistenza animata dai contrasti. Sublime e impetuosa l’arte, con la pletora stregata di accordi fantasmagorici. Sofferta la vita, da ingegno precocemente svezzato, dalla salute minata.
Questo Mozart bifronte lega con un filo sottile il compositore e l’attore. È continuo il rimbalzo tra passato remoto del maestro e passato recente dell’allievo. La passione per Mozart diventa per Accordino valore di riferimento, discriminante per qualificare le persone. Come quella ragazza, Sofia, portata a teatro a vedere Le nozze di Figaro: che delusione i suoi commenti insulsi, il jazz ascoltato alle cuffie, fino a cadere nel sonno profondo. Una storia d’amore sfumata.
Finisce sfumando anche il monologo di Accordino. Gli applausi sono per lui. Idealmente, sono anche quelli che mai potremo fare al compositore di Salisburgo.
Solo un suggerimento: limare alcuni episodi autobiografici, che frenano un minimo un ritmo per nove decimi avvincente.
Trailer
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Una delle opere di Mozart esplicitamente citate da Accordino: Il Concerto per violino nr. 3
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