MARCELLA MANNI | Il Palazzo Enciclopedico di Massimiliano Gioni: apre le sue porte la mostra principale della 55esima esposizione internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.
E’ tutto nella mia testa ? dice Gioni, con un punto interrogativo che lascia poco spazio al dubbio, esordendo con la riflessione sulle immagini interiori dal Libro Rosso di Jung e le lavagne di Steiner, per catapultarci nella ricerca performativa di Tino Sehgal, con le sue “situazioni costruite” che invece l’immagine la rifiutano per statuto. Vietate le riprese video, fotografie e pagina bianca sul catalogo per il migliore artista della Biennale 2013. Per tutto il resto le immagini abbondano, anzi sovrabbondano, perché, citando Hans Belting “l’uomo è il luogo naturale delle immagini, il loro organo vivente”.
Immagini prodotte consapevolmente, immagini trovate, immagini raccolte, catalogate e archiviate, spesso in forma di libro, che è uno degli altri pilastri iconici della mostra. E quindi non può mancare il riferimento alla biblioteca, una tra tutte quella di Gianfranco Baruchello, un paziente (e ossessivo) assemblaggio di oggetti per una biblioteca possibile o quantomeno pensabile dal tratto disegnato e a volte incerto contenuto in scatole di legno e si ritrovano in micro scatole di legno gli animali intagliati di Levi Fisher Ames, per un contrappunto che è ricorrente tra autorialità e “espressioni figurative” al limite del folk.
E allora le immagini di fine Ottocento/primi Novecento collezionate da Linda Fregni Nagler sono allestite nella imponente vetrina di The Hidden Mother: i neonati ritratti alla moda del tempo, sostenuti da una mano (una madre?) invisibile, dialogano idealmente con i bambini di Norbert Ghisoland, ritratti in posa da studio tra sfondi preallestiti e oggetti di scena, fotografie scelte in un archivio di quasi novantamila fotografie di studio. Immagini raccolte e riassemblate in forma di libro sono quelle del giapponese Shinro Ohtake che mutua il genere dello Scrapbook di tradizione anglosassone per una collezione di improbabili taccuini di viaggio, stracolmi di immagini ritagliate, oggetti, disegni che più che l’intento autobiografico hanno quello sociologico.
Le vetrine vengono completamente rivisitate da Kan Xuan che al posto di fotografie, di oggetti o disegni installati in modalità ottocentesca propone Millet Mounds: 173 video che attraverso migliaia di fermi immagine sulle tombe imperiali cinesi tenta di tenere un filo tra passato e presente di un paese in cambiamento vertiginoso. E il soggettivo, il punto di vista, è nelle immagini video di Camille Henrot in cui la pratica della raccolta e dell’assemblaggio si traduce in accostamento di singole diverse ricerche tematiche di archivio, che si trasforma, tramite l’operazione di montaggio, in una “ immagine prismatica del regno pensiero”. E se l’uomo è indagato di tangenza da Henrot, Yuri Ancarani trova il contemporaneo Da Vinci all’interno di una super tecnologica equipe ospedaliera: il modello anatomico è presentato con inquadrature macro in cui bracci meccanici si muovono all’interno di un corpo umano reale e pulsante, immagini rese quasi aliene proprio dalla mediazione.
E il mezzo, il medium, torna sempre centrale tra riflessioni e meta-riflessioni in una mostra in cui la teoria è palpabile e dominante, facendo da regia a quello che si può definire un intervento curatoriale studiato e ottimamente confezionato. Forse quello che manca è proprio un guizzo, un effetto sorpresa che spiazzi, ma proprio ad essere pignoli. E se questa è una tendenza, ben venga.
Come nella ultima edizione di Documenta la teoria, il pensiero e molta filosofia, diventano un appiglio per muoversi verso la comprensione di un mondo che non è solo quello dell’arte e di chi la produce, gli artisti, ma che attraverso di loro e il loro lavoro si fa interprete del dubbio, della domanda dell’uomo sul presente. L’immagine, che sia interiore o esteriore, in questa utopica e ossessiva ricerca di catalogazione, diventa un pretesto per porre domande centrate sull’uomo e sul suo molto contemporaneo agire. Ai posteri…
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Le dida, Linda Fregni Nagler, The Hidden Mother, 2006-2013
La Biennale di Venezia
Il palazzo enciclopedico
Venezia (Giardini e Arsenale) 1 giugno – 24 novembre 2013
A cura di Massimiliano Gioni
Catalogo Marsilio