ANDY VIOLET | Anche nei più ottimistici paradigmi di interpretazione storiografica, quelli che vedono nel susseguirsi degli eventi del mondo un continuo progresso, un’inarrestabile evoluzione verso forme migliori di convivenza umana, non è possibile estromettere la presenza del male dalla storia: che siano solo il polo negativo di una necessaria dialettica del divenire storico, ineludibile effetto collaterale dell’esistenza, o che siano l’essenza stessa del mondo, come ritengono le correnti più radicali, la violenza, la morte, il conflitto, la guerra, sono parti integranti della realtà del passato come del presente. La letteratura, che racconta la realtà, ma ne fa anche parte, come prodotto storico ben definito e profondamente radicato nell’humus del proprio tempo, non sfugge a questo postulato: ogni atto artistico è un atto di riflessione che si colloca nella circolarità del rapporto tra scrittura e realtà, poiché interpreta il reale, ma ne è a sua volta influenzato, così come è influenzato dalla rete interpretativa costituita dalle opere precedenti.

Parte dell’importanza della Divina Commedia di Dante, come per altri nodi apicali della letteratura mondiale, sta proprio nella sua capacità di rappresentare la Weltanshauung di un’intera epoca: è il frutto maturo, la summa enciclopedica di una visione medievale del mondo, destinata a dissolversi nel giro di una sola generazione. E’ più che naturale che in questa visione onnicomprensiva dell’esistenza umana rientrino temi scomodi, scabrosi, elementi che giudicati con l’occhio del nostro tempo risultano inaccettabilmente lesivi della dignità della persona, ma che nell’europa tardo duecentesca erano la norma.
Ebbene sì, dunque, Dante era omofobo, antisemita, antislamico, proprio come denuncia il gruppo Gherush92, che ha proposto l’eliminazione della Commedia di Dante dalle scuole per via dei versi contenenti invettive contro i sodomiti e la figura di Maometto. Ciò che forse stupirà l’associazione Gherush92 è che tutti questi aspetti dell’opera di Dante sono noti a qualunque insegnante di Italiano, e non vengono affatto sottaciuti. Da un punto di vista didattico e formativo è anzi essenziale che il lato oscuro che accomuna Dante all’antislamismo delle Chansons de Geste o all’antisemitismo Mercante di Venezia di Shakespeare venga studiato, spiegato, criticato, poiché esso è il lato oscuro dell’intera cultura europea, quel calderone da cui sono scaturite, di volta in volta, le crociate, l’eccidio dei nativi americani, la Shoà.
Censurare tutto questo per il timore che lo studio del Sommo Poeta spinga intere generazioni ad aderire in massa a partiti neonazisti non farebbe che produrre l’effetto contrario, favorendo quell’ignoranza che alla base del plagio mentale su cui fa perno il semplicismo razzista della propaganda ideologica, che non a caso assume la forma acritica dello slogan come mezzo elettivo di comunicazione. Al contrario, riannodare i fili del lungo percorso storico-culturale sotteso alle manifestazioni più bieche di intolleranza può servire a decostruire il pregiudizio, a dimostrarne l’infondatezza, a smantellare la catasta di menzogne in cui esso si radica.  Dunque, proprio come quei bambini che, troppo protetti da madri apprensive, vengono lavati di continuo, sterilizzati, disinfettati per timore di infezioni, finiscono poi per essere più deboli di fronte alle malattie, così le menti ingenuamente preservate dal male attraverso il silenzio della censura non  vengono salvate: esse saranno le prime a cadere, vittime della mancanza di mezzi critici e d’autonomia di pensiero di fronte alle manifestazioni più becere e violente dell’incultura.