CARLA RUSSO | Giovanni, Rosalia e Giuseppe hanno scelto noi. Si, proprio noi che, per una sera, abbiamo scelto di guardarli, di prestar loro attenzione. Giovanni, Rosalia e Giuseppe. Tre persone che, come tante, combattono nell’anonimato la battaglia della vita. Coni di luce illuminano le loro esistenze, lasciandole emergere con coraggio dal buio in cui la quotidianità le ha confinate. Hanno scelto di donarci la loro parte più intima, quella in cui sono custoditi sogni verso cui proiettarsi, paure da cui fuggire, amori a cui abbandonarsi, rabbie da liberare. E lo fanno senza sconti, smascherando i sorrisi dietro cui si nasconde una ferita, esibendo i loro corpi e offrendo le loro anime nude al pubblico. La scena vuota accoglie e amplifica, come una cassa di risonanza, la presenza viva dei tre attori e delle storie di cui sono portatori.
Io, mai niente con nessuno avevo fatto è lo spettacolo d’esordio di “Vuccirìa Teatro”, compagnia di recentissima formazione (2012) che quest’anno ha sbaragliato il Roma Fringe Festival aggiudicandosi il premio come “Miglior Spettacolo”, “Migliore Drammaturgia” (Joele Anastasi) e “Migliore Attore” (Enrico Sondino). L’abbiamo visto a Galleria Toledo a Napoli.
La drammaturgia si dipana attraverso il susseguirsi/sovrapporsi di monologhi, contenitori delle storie dei tre protagonisti e del loro fatale incrociarsi. Il racconto monologante, in stretto siciliano, dei singoli, a tratti simultaneo e disunito, diventa corale e il loro narrare si congiunge “verbalmente”. Eppure, gli attori, fatta eccezione per la scena iniziale (ingresso in sala di Giovanni e Rosalia che si rincorrono e danzano), non si toccano mai. |Le loro braccia, aperte alla ricerca di un abbraccio, si richiudono con forza a stringere i loro corpi soli. Le mani, desiderose di elargire carezze, strofinano i loro visi, le loro gambe, cercando di arrivare all’anima per consolarla.
L’attore di Vuccirìa Teatro è chiamato a ricercare l’essenzialismo scenico che lo porti ad agire come un animale affinché possano emergere i personaggi, selezionati tra le bestie relegate ai margini della società. Un tipo di ricerca e di approccio al teatro che ha radici lontane, riconducibili ad Artaud, alle neoavanguardie degli anni ’60 (Living Theatre, Grotowski, Brook…), fino ai contemporanei Emma Dante e Mimmo Borrelli, per fare alcuni esempi.
Poco originali, seppur attuali, le tematiche trattate (omosessualità, desiderio di fuga, solitudine, violenza, prostituzione, AIDS). Segno di quanto le questioni sollevate restino inesorabilmente inascoltate e irrisolte? Può darsi. Il lavoro di Vuccìria Teatro è solo all’inizio e lo spettacolo è un’intensa e riuscita opera prima, avvalorata dalla presenza di un cast di attori giovani e talentuosi, che cesella un lavoro d’indubbia qualità che li porterà a New York nel 2014, sintomo di un fermento culturale che fa ben sperare nel futuro del teatro di ricerca.
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