ANDREA CIOMMIENTO | Luigi Meneghello è un outsider della cultura ufficiale, specchio di un’italianità propria e di una scrittura profondamente teatrale. Sì, perché i suoi personaggi parlano con una lingua fatta di accenti e modi di essere appartenenti a una specie-specifica, una razza senza ipocrisia che ha portato a compimento la sua feroce analisi di cosa voglia dire essere veneti e italiani. La sua scrittura racconta storie di personaggi vivi e immaginari costruendo una musicalità letteraria appartenente alla scena, fatta di “punteggiatura dal valore assoluto, come solfeggio della parola”, ci racconta Alessio Pizzech, responsabile del progetto Ufficina Meneghello, ideato dal regista e promosso da otto Comuni dell’Alto Vicentino insieme alla Fondazione Teatro Civico di Schio.
Perchè studiare Meneghello nel 2013?
Attraverso la sua Opera possiamo confrontarci con la nostra contemporaneità, con i problemi di un’Italia che si è trasformata e che forse non ha capito le strade possibili di sviluppo per il futuro.
In che senso?
Oggi l’Italia ha perso dei pezzi di se stessa, del proprio fare comunità e in qualche modo ha perso la memoria per costruire il futuro. Parlare di Meneghello significa raccontare le Carte degli anni Sessanta per cercare di capire da dove veniamo e quali sono stati i passaggi che hanno portato a una crisi morale profonda.
Perché hai scelto le Carte degli anni Sessanta?
Le Carte rappresentano una Ufficina, come lui le chiamava. Sono una sorta di magazzino, di luogo sulla carta, di laboratorio nel quale metteva bozze di romanzi, inizi di ritratti di personaggi, frammenti, idee della sua ricerca letteraria. Non sono un romanzo completo ma una sorta di retrobottega dove sperimentava, metteva aforismi, pensieri e appunti. Mi sono sembrate emblematiche diverse di queste carte, anche quelle degli anni Settanta e Ottanta, ma quelle del Sessanta credo siano le più interessanti per raccontare la fine della società contadina che nasceva nel Veneto, in quel Veneto che stava mutando attraverso un paesaggio umano e urbanistico naturalistico e profondamente in cambiamento. Queste carte nella loro complessità e sinteticità sono una straordinaria cartina di tornasole per leggere il pensiero di Meneghello.
Il progetto apre a una partecipazione ampia e si sta sviluppando insieme ai cittadini e ai ragazzi delle scuole…
Ci siamo uniti. Abbiamo messo insieme i Comuni dell’Alto Vicentino immaginando un’area vasta, un territorio che non sia fatto solamente di singoli Comuni ma piuttosto un insieme di enti locali che si trovano a costituire un’idea di territorio comune. Un’idea progettuale in cui Meneghello diventa il padre spirituale. Abbiamo immaginato con la Fondazione Teatro di Schio un laboratorio itinerante che attraversasse tutti gli ambienti. La mattina con i ragazzi delle scuole e la sera con i cittadini. Sperimentiamo i principi della comunicazione teatrale e allo stesso tempo il fare comunità, come se le Carte fossero un patrimonio condiviso.
Parlate di Meneghello per arrivare altrove…
Esatto, parliamo anche della qualità della vita, della funzione del sapere, della conoscenza dei concetti di libertà. I partecipanti sono spiazzati e allo stesso tempo scoprono l’ironia e la capacità di questa scrittura, la forza pervasiva e persuasiva.
Qual è la reazione dei più anziani?
Quegli scritti hanno a che fare con i loro pensieri, con la capacità preveggente dello scrittore di vedere in anticipo anche i deterioramenti del tessuto sociale. Il sentimento di rabbia nasce quando si confrontano con questo perché non lo hanno ascoltato e perché non è stato ascoltato. E di fatto aveva ragione lui.
Cosa rimane di tutto questo?
Il tema dell’urbanizzazione, del cambio così veloce e non controllato del territorio veneto, la sensazione di un territorio ora ingestibile. Un’accelerazione non più controllabile.
Come proseguirà il percorso?
Stiamo vivendo le esperienze delle diverse tappe fino all’ultima che faremo a Malo, nel paese dello scrittore. Lì tutti i cittadini che hanno partecipato al laboratorio si troveranno insieme a leggere le Carte e a popolare ad alta voce il paese. Una lunga festa di due giorni dove si andranno a recuperare le parole e tutto finirà con una grande comunicazione pubblica fra le varie generazioni che hanno partecipato al progetto. Il 14 e il 15 dicembre saranno due giorni di restituzione e comunicazione comune. Il modo migliore per far entrare le Carte nell’uso comune, nella condivisione di tutti.
Il videoritratto di Luigi Meneghello a cura di Carlo Mazzacurati e Marco Paolini:
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