1MARAT |

Marat, è successo un casino, ”

“La mia recensione di ieri?”

“Il tipo è uscito a pranzo con il direttore”

“Uhm”

“Sono vecchi amici”

“Uhm”

“Dicono che sarei dovuto intervenire”

“Su cosa?”

“Be’, ci sei andato giù un po’ pesante”

“Ci sono andato pesante lo dici ora che il tipo è uscito a pranzo con il direttore, altrimenti t’importava ‘na sega”

“Comunque non vogliono più che si faccia critica sul giornale”

E la critica scomparve. Almeno sulle pagine del piccolo quotidiano. Sotto i poderosi colpi di due coglioni a pranzo. Mi ritorna in mente mentre in piena notte racconto del Conte di Montecristo, a un esserino che imparerà a leggere solo fra diversi anni. Gli piace la mia voce. O almeno credo. E mi ritorna in mente perché all’epoca m’immaginai vendette alla Edmond Dantès. Visto che ho sempre pensato che i Giacobini avessero ragione. E che, terrore o no, la Rivoluzione Francese sia stata una cosa giusta. Poi ho cercato di capire. La lezione. Tipo l’importanza di un buon lavoro d’intelligence… E la necessità di togliere quella patina di purezza al mestiere. Ma (soprattutto) mi sono posto per la prima volta la domanda che da allora mi perseguita: a cosa serve la critica teatrale? Un tempo si lanciavano carriere. E si riempivano teatri. Nascevano passioni profonde e risse da bar, tanto che in certi foyer c’era la lista degli indesiderati. E un’insospettabile attrice mi ha raccontato con candore che inviò escrementi via posta per far presente il proprio disappunto. Questo un tempo. Ora al limite ci si imbatte nel pasticciaccio brutto di due coglioni a pranzo. Il fatto è che non spostiamo spettatori. Ancor più raramente indichiamo un gusto. Noi, ragazzi di oggi, parliamo fra noi e ci basta così. Ingolositi dagli accrediti, dalle ospitate, dalle stampiste e da quella firma in fondo a una pagina che non esiste più. Non se ne sfiora uno di lettore che non sia già invasato di teatro, perso a leggere infinite logorree su criticastocazzo.it o tinelloteatrale.com. Non so, a me piacerebbe una critica un po’ diversa. Che riuscisse a parlare a tutti i lettori. Che mi sorprendesse con accostamenti inattesi. Che prendesse posizione. Che mi desse strumenti, non verità. Più competente, meno narcisa. Qualcuno ci riesce pure. E sono certo che resisteranno nel tempo a qualsiasi coppia di coglioni s’incontri a pranzo. Gli altri… Gli altri mi fan venire in mente quello che disse Dino Risi riguardo ai film di Moretti: “Nanni spostati e fammi vedere il film”. Ecco critico, spostati un attimo. E fammi vedere lo spettacolo.