danaeVINCENZO SARDELLI | Ironia a parte del binomio Costanzo/De Col, con il suo percorso maledetto e surreale su Anne Sexton, è forse la performer slovena Mala Kline l’artista più interessante transitata nella XV edizione del Danae Festival, svolto a Milano a fine novembre con la direzione artistica del Teatro delle Moire (Alessandra De Santis e Attilio Nicoli Cristiani) e l’organizzazione di Barbara Rivoltella.

Musica, danza, arte visuale, coreografia, poesia, sono gli ingredienti di questa rassegna che guarda al femminile. Con quel po’ di follia, che aggiunge un friccico dissacrante.

Milena Costanzo e Gianluca De Col sono gli enigmatici mattatori dello Spazio LachesiLAB di via Porpora, Il duo articola in tre fasi, tra evocativo e assurdo, il percorso su Anne Sexton, poetessa americana vissuta tra BoomBeat e scandali, morta suicida nel ‘74. I tre mini-spettacoli Conferenza con Anne SextonIn casa con Anne SextonCocktail con Anne Sexton sono occasioni per accostarsi a questa figura drammatica della letteratura, allieva di Snodgrass, Lowell e Plath.

Pochi elementi scenici, i travestimenti al femminile di De Col, l’ironia intellettuale della Costanzo (vagamente ispirata a Franca Valeri), i video e l’uso insistito del microfono a scaldare la voce, tratteggiano in maniera inconsueta la Sexton, poetessa “confessionale” per l’uso scoperto di materiali autobiografici, “primitiva” per la coerente ricerca di un linguaggio capace di formalizzare le ossessioni in simbologie magiche o fiabesche.

Risa apotropaiche e fumo di sigaretta; sacralità e bestemmia, preghiera e psicanalisi, merda, whisky e gocce di Chanel; sguaiata introspezione, sequenze descrittive, suggestioni orfiche, canzoni solitarie biascicate e graffiate: i monologhi a due voci costruiscono la storia. Costanzo e De Col irridono il compassato modo accademico di presentare un artista. S’intrufolano nelle nevrosi quotidiane e private della Sexton. Brindano al suo bisogno d’amore tra amanti e figli, miseria, lussuria e nobiltà. Evocano la sua depressione e il suo incrollabile senso dell’umorismo.

Tutto è sofisticato e distante. Presenza e assenza dei due protagonisti sul palco si equivalgono. Il pubblico è implicato, senza lasciarsene contagiare troppo, in una dinamica di sguardi, silenzi ed evocazioni simboliche, in cui ciascuno è libero di approfondire le proprie e altrui contraddizioni.

Una febbricitante Mala Kline a Zona K non frena i suoi slanci verso un Eden (è il titolo del suo spettacolo) luogo/non luogo di opposti e paradossi, in cui la felicità cerca di aprirsi spiragli giocosi. Scenografia di chitarre, luci e ombre azzurre, vibrazioni intense prodotte da archetti di violino e leggeri attriti elettroacustici: i suoni centellinati da Mala creano un’atmosfera onirica che avvia geometrie corporee di nascite e rinascite, sguardi intensi che irretiscono il pubblico e riempiono lo spazio scenico. Su note rock taglienti e roche la performer slovena dà il la ai travestimenti. S’immerge nella natura silvestre. Guaiti bestiali intensi o rarefatti, immateriali e irreali, evocano una natura simbolica, selvaggia, primigenia, proiettata verso l’armonia. È continua l’interferenza tra la voce della natura e la forza urtante della musica. Mala Kline annusa lo spazio. La sua performance è sussultoria: da legnosa si fa leggera, si apre a contatti aerei dalla potenza liberatrice. Si fa impertinente quando quest’Eva maliarda occhieggia un Adamo-spettatore. Le luci arrossano, si tingono di rosa e azzurro, diventano lunari.

Uno spettacolo multisensoriale. Mala è metamorfica. Incarna stati animaleschi e fiabeschi. È posseduta dalla natura panica. Si denuda e s’inonda di spray verde. Occupa lo spazio orizzontale e verticale. Si corica e canta. La sua voce dilaga sul pavimento. Le note sublimano, come le bolle di sapone soffiate dalla sua bocca.

Eterea ed eclettica, l’artista slovena ci proietta nel nostro Eden quotidiano in cui la forza deve misurarsi con la fragilità, la richiesta d’essere amati deve fare i conti con lo sguardo altrui. 

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