dalla viaVINCENZO SARDELLI | In Italia un senso di precarietà e disagio attraversa le nuove generazioni anche a teatro. Spaesamento, degrado sociale e dissesto ambientale; necessità della memoria e volontà di denuncia: sono questi i temi comuni ai quattro spettacoli vincitori e segnalati del Premio Scenario 2013, che hanno debuttato al Teatro Franco Parenti di Milano.

La degenerazione dei rapporti fra politica e finanza. La difficoltà di vivere in un paese allo sbando che non è per giovani. Da «Generazione Scenario 2013» emerge un diffuso senso d’instabilità, unito però a un bisogno d’impegno e di denuncia.

Cosa che in genere conduce al tradizionale, un po’ stereotipato monologo civile. Non così questo percorso, che riesuma pagine lontane della nostra storia. Che fa inchiesta. E ricorre alle lingue regionali come riscoperta delle radici e vocazione all’autenticità. Con tratti di verismo che a volte diventano surreali.

Tra pregi e qualche difetto emerge un teatro giovane tanto più efficace quanto più capace di graffiare e sporcare canoni accademici, per rivitalizzare linguaggi tradizionali.

Mio figlio era come un padre per me, spettacolo vincitore di e con Marta Dalla Via e Diego Dalla Via (che firmano anche scene, costumi, luci e partitura fisica) affronta con humour noir il tema del conflitto generazionale. Scenografia componibile di casse di plastica colorate. Lei con doposci, calzamaglia e tuta da ginnastica; lui con anfibi, pantaloni aderenti e occhiali da sole rossastri. Lo sfondo è un Nord-Est sfaldato, dimissionario da se stesso, colpito da una crisi che ha spazzato ogni residuo d’invulnerabilità e supponenza. Paradossale l’apologo sull’“uccisione di padri”, che già per conto loro avevano deciso di farla finita. Bel testo leggero, d’ironia e intelligenza. Bei dialoghi serrati, che l’inflessione veneta rende musicali. Esilarante e dissacrante lo storpiamento di preghiere come la Salve Regina e il Padre Nostro, a sferzare un mondo votato al suicidio, “pressato da Equitalia e stritolato da Trenitalia”.

M.E.D.E.A. Big Oil, lo spettacolo di Collettivo InternoEnki vincitore del Premio Scenario per Ustica 2013, drammaturgia e regia di Terry Paternoster, parte da un’ampia ricerca sul petrolio in Basilicata per incrociare il mito di una Medea contemporanea. L’eroina tragica è una donna lucana tradita dallo “straniero”, il Big Oil-Giasone, ruolo simbolico affidato a una compagnia petroliferaTeatro civile mediato dalla fiaba, affreschi collettivi a metà tra Fontamara e Cristo si è fermato a Eboli. Il ritratto è di un Sud atavico tra emigrazione e maledizione, sogno e realtà, magia e miseria. Colpiscono le coreografie corali, pantomime grottesche a velocità variabile, che rappresentano danze, riti anchilosati, canti di gruppo, cantilene, processioni e comizi di politici tromboni. Poi affiora l’elemento civile, il riferimento alla Lucania sventrata dalle trivelle, svenduta alla cultura neocapitalista, inquinata, ammorbata dal veleno che uccide l’agricoltura, gli animali e gli uomini. La parodia arriverebbe allo spettatore anche sfrondando un poco i toni sovraccarichi da sagra paesana.

W (prova di resistenza), Segnalazione Speciale del Premio Scenario 2013, di e con Beatrice Baruffini, rilegge in chiave performativa il tradizionale teatro di oggetti. Su una scenografia minimalista di mattoni forati, prende corpo uno spettacolo che narra la resistenza degli abitanti di Parma all’aggressione dei fascisti guidati da Italo Balbo nel 1922. Una pagina di storia locale poco nota. Oggetti dozzinali si animano e diventano personaggi, barricate, episodi di vita familiare, sentimenti. Con l’aiuto di lucine e fazzoletti rossi. Il gioco di bimba assembla mattoni come Lego a formare grattacieli e personaggi, ad animare vicende di guerriglia, violenza e dolore, sogno, morte e passione. Nascono paesaggi metafisici alla De Chirico in questo spettacolo in cui la Baruffini recupera le esperienze di Claudia Dias e di Gyula Molnar. E però questo monologo rischia di non coinvolgere proprio tutti: un po’ per la recitazione monocorde; un po’ per la scelta di una vicenda particolaristica, paradigmatica dell’ascesa violenta del fascismo, che richiederebbe forse qualche didascalia in più.

Trenofermo a-Katzelmacher, lo spettacolo di nO (Dance first. Think later), Segnalazione speciale del Premio Scenario 2013, ideazione di Dario Aita e Elena Gigliotti, partitura fisica di Elena Gigliotti, è la riscrittura di un Fassbinder contemporaneo che riproduce il Sud indefinito di una città indefinita, con stazione e binari, dove si muovono avanzi di città fra sfottimenti, violenza, tradimenti e sogni facili. Un soggetto dove la comparsa improvvisa di uno straniero crea una serie di gelosie e colpi di scena. Ambientazione kitsch da bar di periferia, lamiere ondulate, ombrelloni, sedie di plastica e caschi da motocicletta. Espedienti registici come luci stroboscopiche, ralenti e fermo immagine, danze simil-maori, partita di calcio con lattina di coca schiacciata. Napoletano e siciliano stretto. Atmosfere pasoliniane e danze nevrotiche. Canzoni neomelodiche, al microfono o a cappella. Citazioni da Mary per sempre. Alcuni stereotipi, una storia un po’ così. Però questi ragazzi: che talento.

MEDEA Big Oil 

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Beatrice Baruffini in W

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3 COMMENTS

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