SIMONA POLVANI | Per raggiungere il Jeu de Paume, si costeggiano le mura del Jardin des Tuileries dalla parte di Place de la Concorde, sfolgorante. È qui che va in scena Reading Club “Avant et Maintenant”, Raymond Queneau, uno degli eventi performativi dell’esposizione online “Erreur d’impression. Publier à l’ère du numérique” (fino a marzo 2014), curata da Alessandro Ludovico.
Due schermi sono posizionati sulla parete di fronte alla platea, sotto, dietro una lunga scrivania, davanti a due computer, sono seduti Emmanuel Guez e Annie Abrahams, gli ideatori di Reading Club. Spiegano le regole del gioco. È stato scelto un brano di Queneau, dai suoi celeberrimi “Esercizi di stile”. In contemporanea si svolgeranno due performance, una sul testo originale in francese e l’altra sulla traduzione in inglese. Per ognuno, quattro autori non presenti in sala, in un tempo stabilito di venti minuti, saranno impegnati ad agire a distanza sul testo, che non potrà mai superare i 1.300 caratteri.
Dal momento in cui la performance ha inizio, nella penombra lucida della proiezione, immersi nell’ambiente sonoro elettronico e ipnotico creato per l’occasione da Christian Vialard, i testi di Queneau diventano mobili, colorati, mutano. Da subito l’originale si frattura, sotto le sferzate di serpentine di parole evidenziate in rosso, blu, verde, fucsia, giallo, arancio, rosa, viola (ogni lettore ha un colore identificativo per la scrittura), frasi ficcate d’impeto nel testo, inserite seguendo il filo semantico di Queneau, o trapiantate come corpi estranei. Assistiamo a tutta una gamma di manipolazioni, riconosciamo varie figure retoriche all’opera, registri e toni, per un testo fluttuante che si smaglia e ricompatta ad ogni secondo. Lettura, riscrittura e cancellatura, lire, récrire et effacer: sono i gesti febbrili che percepiamo. Ogni autore fa esercizio di un’azione che può apparire arbitraria e violenta, cancellare lo scritto altrui. In questa ludica battaglia, si sentono dietro i Fight, i pugni. Il mio occhio di spettatrice segue vorace gli schermi. Difficile afferrare l’insieme, seguire le due azioni in simultanea, ci si sforza per non perdere niente, una parola che cambia, un rigo e un colore che scompare, con il disappunto per dover rinunciare a una frase che ci ha toccati. Accade che un autore entri nel tempo della performance con una sorta di countdown, che rivolga domande alla platea, o che ti folgori con un commento così: “ça a toujours quelque chose d’extrême un poème” (ha sempre qualcosa di estremo una poesia).
Quando, allo scoccare dei venti minuti, tutto si ferma, siamo colti di sorpresa. L’attenzione completamente assorbita dalla metamorfosi dei testi, si è impreparati. Abbiamo fatto esperienza estetica di un tempo denso e vivo che richiede estrema attenzione, mettendo in tensione, e insieme scorre alla velocità del lampo.
Sugli schermi i testi adesso sono stabili, non si muovono più, in apparenza. Lontani da quello dell’origine, che difficilmente potrà riconoscersi, come un’immagine in uno specchio frantumato, hanno tuttavia una fermezza e solidità relativa. L’impressione è che messi in movimento dai lettori-autori, procedano ormai con moto inerziale, destinato a non arrestarsi, e come se ogni parola aggiunta fosse un cratere di vulcano aperto, pronto a eruttare altra energia.
Decido di seguire on line la sessione del 6 dicembre a Oudeis, Le Vigan, nell’ambito di NOW HERE, quinta edizione dei Rencontres des arts numériques, électroniques et médiatiques. Non ci sono autori in rete. Per la prima volta è proposta una installazione in cui persone del pubblico sono invitate a sessioni di 15 minuti su uno stesso testo, con differenti obblighi di lettura/scrittura. L’autore scelto è Marshall McLuhan. Su un estratto dall’opera “Counterblast” (1959), i lettori si confrontano con esiti alquanto straordinari, in cui l’espressività di McLuhan e il suo pensiero sull’avvento della stampa, della radio, della televisione, messe in connessione con lo sviluppo sensoriale, si prestano all’invenzione pura, alla riflessione, all’attualizzazione. “Et un iphone ? avec des petites touches à écriture automatique ? On choisit les mots pour toi au cas où tu ne saches plus écrire ou simplement penser” (E un Iphone? Con tastini a scrittura automatica? Sceglie le parole per te in caso tu non sappia più scrivere o anche solo pensare) è uno dei commenti immessi nel testo, a evidenziare il paradosso della relazione con alcuni strumenti tecnologici a tutti gli effetti ormai nostre estensioni-protesi, che con l’intento di semplificarci la vita, rischiano di compromettere alcune delle facoltà primarie che ci rendono uomini.
Guardando all’esperienza delle varie sessioni, Reading Club mette in atto un processo di lettura e scrittura che si fa e si disfa incessantemente. Presenta una commistione di varie istanze, in cui ogni lettore pare influenzare ed essere influenzato dal processo stesso. Il testo punto di partenza diventa territorio in cui misurarsi con se stessi e con gli altri. Il testo punto di arrivo è un crogiolo di stili, idee, tracce per tanti altri testi. Un’opera composita e dis-organica (ed in ciò risiede la sua forza), con interpunzioni metaletterarie – la consapevolezza di stare partecipando a una riscrittura, il riferimento spesso presente ai vari obblighi, il tempo che trascorre – contaminazioni con la presenza dell’altro, lontana o faccia a faccia.
Se una delle caratteristiche della performance è costituita dal corpo del performer che si mette in gioco e rischia, in un continua esposizione all’azzardo se non al pericolo, il performer-autore, il cui corpo materiale è invisibile oppure al sicuro, si espone con il corpo delle parole, che acquistano fisicità sensibile in quel corpo a corpo, farsi spazio per esistere, e nella condanna a morte tramite la cancellatura, ossia nella scomparsa. Performative e performer siano le stesse parole, oggetti on line e visibili, che sorgono, si manifestano, scompaiano o rimangano, e danno senso, con la loro presenza o il vuoto che lasciano.
Nel mal d’autore e di personalismo presenzialistico nella nostra era social network, Reading Club configura un modo di “essere assieme” nel web in cui l’identità personale lascia spazio alla comunità, l’individua(lizza)zione alla collettivizzazione per una nuova forma di esperienza artistica in cui l’autore è un soggetto partecipato.
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