EMILIANA IACOVELLI | “La parola barbarie è la parola al mondo che amo di più”: è evidente che Putin ha letto Pasolini e non l’ha capito. Cala il gelo sulle Olimpiadi invernali di Sochi quando il Premier russo Putin si rivolge alla comunità gay: “Siete i benvenuti, ma lasciate stare i bambini”. La situazione si complica quando Vladimir Luxuria decide di esporre non solo un’orrenda acconciatura modello paraurti dell’Alfasud, ma anche un cartellone con la scritta “Gay è Ok”. L’arresto è immediato e, direi, irresistibile per un ex agente segreto. A discolpa di Luxuria c’è da dire che Putin non aveva specificato che oltre ai bambini, bisognasse lasciare stare anche i giocatori di hokey.
A gettare benzina sul fuoco interviene poi Ecclestone, padre della formula 1 e di svariati altri figli nel mondo: dopo uno slalom gigante tra i bar di Londra prende le difese di Putin e apriti cielo!
Pasolini aveva detto di Giasone: è “la mens momentanea che non solo ha perso il senso metafisico, ma neppure si pone questioni del genere. È il tecnico abulico la cui ricerca è esclusivamente intenta al successo” senza sapere che sarebbe stato profetico: non è bastato, infatti, spargimento di sale e tintinnìo dei gioielli di famiglia per evitare, in sequenza, caduta del muro di Berlino, elezione di Putin a Presidente della Federazione russa e organizzazione delle Olimpiadi invernali a Sochi (più Crimea e Kamchatka con un unico lancio di dadi).
Ci rispediscono in Italia Luxuria “barbarica come una gitana”, che si gode la ritrovata libertà dopo aver sfoggiato, nelle patrie galere russe, il suo fascinosissimo e sobrio vestito arcobaleno D&G, preoccupata dal calo delle borse per l’intervento russo in Crimea “questa volta nulla potrà il fondotinta super coprente”.
In Italia, intanto, si gioca la partita Inter-Cagliari. Sul rettangolo verde Dessena, “ingenuo, generoso, disponibile alle cose nuove” soprattutto se migliorano il look, decide di indossare lacci colorati simbolo di una campagna contro l’omofobia. L’intervento appare ai tifosi non “in asse”, un po’ come la spina dorsale del funambolico Hübner sotto porta. Riceve una valanga di insulti sul web perché, si sa, il calcio è sacro e “la sacralità è un bene collettivo”.
Il centrocampista del Cagliari si difende: “Nello schema ad albero di Natale mi sembrava che mancasse qualcosa”. Certo Dessena in quella partita di palle ne ha toccate un’infinità. Alla domanda di una insistente giornalista sui motivi del suo gesto, lui, con il petto gonfio come un tacchino il giorno del Ringraziamento, fiero risponde: “Mio padre Bachisio, operaio a Parma alla società acqua, luce, gas, mi ha insegnato certi valori: ho fatto un gesto normalissimo, mi sono solo allacciato le scarpe”. Lui, ignora che, per dirla con Pasolini “la passione non ottiene mai perdono”.