ilariascarpa_quotidiana.com_2-300x199VINCENZO SARDELLI | Divertirsi e riflettere anziché morire dal sonno. Sorridere, attraverso una comicità che è sempre lì lì per consegnarti a Morfeo. Chi la vince tra humour e pennichella?

Tutto si può dire del duo (sul palco e nella vita) Quotidiana.com, tranne che non abbia una sua personalissima cifra. Grattati e vinci, in scena al Teatro della Contraddizione di Milano, è la terza tappa di una Trilogia dell’inesistente in cui Roberto Scappin e Paola Vannoni rivisitano in maniera sarcastica il rapporto di coppia. Giocandosela, scientemente, sul soporifero. Preservando un’amarezza di fondo.

Asettica la scena, con un paio di luci gialle al neon, un tavolo, cui sono appoggiate un paio di sedie, un vaso da fiori, con dentro carote e sedano. Se è vero che siamo ciò che mangiamo, anche il cibo di questa coppia è mesto e insipido.

Lo spettacolo: un uomo e una donna basiti e storditi stanno tiepidamente bene insieme. A modo loro si amano. Con toni che sono quelli che si possono trovare in tutto il mondo. Eppure qualcosa manca per rendere la loro vita più sapida. Perché il rapporto decolli non basta che i due si facciano da specchio riproducendo, alla velocità del bradipo, i medesimi movimenti “telefonati”.

Una comicità surreale, flemmatica, seriosamente spiritosa. Per interrogarsi sulla ricerca di una felicità sempre più difficile da trovare, da soli o in coppia. Freddure a gogò nei dialoghi che strizzano l’occhio alla vita reale: Siamo dei manichini viventi, e quando saremo rimbambiti, raggiungeremo la perfezione. Oppure, dal panettiere: – Mi dia un chilo di pane. – Ma così le diventa duro. – Allora me ne dia quattro.

Si parla del più e del meno, di tutto e di niente. Dalla religione alla politica, dal sesso all’alimentazione. Filosofia e frasi terraterra. Con un uso sapiente, complesso e articolato, della parola.

«Che pericolo la quotidianità, e la tranquillità» canta Fiorella Mannoia. Scappin e Vannoni hanno il gusto della sfida: divertire a ritmi slow. Sale e pepe q. b. Una volta al giro d’Italia c’era la maglia nera. Doveva arrivare ultima alla fine della competizione. Era premiata, ma stando attenta a non finire fuori tempo massimo. Ci volevano arte e calcolo.

Recitazione neutra, Grattati e vinci. Vita di coppia piatta. Cinquanta sfumature di grigio, nulla a che vedere però con il romanzo osé di E. L. James. Sarcasmo e indolenza dilagano. La luteolina nelle carote di cui i due si cibano non serve ad attivare neuroni performativi, né ad assimilare la loro vita coniugale a quella dei conigli: sul palco, come nella vita, fare l’amore può mancare, eccome.

Lui e lei, melanconici e ipocondriaci, temono la vecchiaia e la malattia. Troppo pigri perché continuino a vivere. Troppo pigri pure per ammazzarsi.

Una vita che è gabbia, divieti e obbedienze. Ci sarebbe da ribellarsi, da mettere il mondo a soqquadro: meglio dormirci su. Però Scappin e Vannoni un sussulto ce lo regalano, il duetto in cui imitano Stanlio e Ollio. Ma si fa più audience e meno fatica calandosi le braghe e tirandolo fuori, pensa Scappin.

In quest’esibizione dall’ironia intima e sopita, dove la bocca dello spettatore se la gioca sul doppio registro del sorriso e dello sconcerto, emerge l’identità totale tra persona, attore e personaggio. L’autenticità guarda all’arte.

Grattati e vinci non è uno spettacolo per tutti i palati, ma è colto e originale. C’è una buona drammaturgia. Intelligenza. E uno stile. Se volevate ritmo e suspence, avete sbagliato serata.

Sarebbe curioso vedere questo copione recitato da attori classici, davanti a un pubblico più generalista. E vedere di nascosto l’effetto che fa.

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