ALESSANDRO MASTANDREA | Venti di cambiamento soffiano forte sopra la vecchia Europa. Proprio in queste ore si va consumando lo psicodramma dell’intero establishment europeo, messo sotto assedio dai movimenti antieuropeisti di tutto il continente: la vittoria in Francia di Marin Le Pen, così come, nella Grecia commissariata dal fondo monetario, quella di Alexis Tsipras. Da questo trambusto generale, l’Italia non poteva certo uscire indenne, e la TV, nonostante le astruse regole della par-condicio pre-elettorale, ha svolto il proprio ruolo di cassa di risonanza sia degli umori dell’elettorato, che delle ansie e paure della classe dirigente. Così, come se si trattasse di una enorme seduta terapeutica di gruppo, politici nostrani (poco avvezzi a gestire la tensione agonistica per un appuntamento ritenuto tutto sommato secondario) ed europei hanno avuto modo di condividere le rispettive “ansie da prestazione” in attesa dei risultati dello scrutinio. In questo stato di disorientamento generalizzato, neanche uno psicologo coi fiocchi del calibro di Giovanni Mari (“In Treatment”, martedì in prima serata su LA7), riuscirebbe a ridare le giuste coordinate a un ambiente emotivamente provato e in lotta per il riposizionamento e la sopravvivenza.
Che d’altro canto vi fosse nell’aria qualcosa di nuovo, ne avevamo avuto giusta anticipazione un paio di lunedì fa, nella “terza camera” di Porta a Porta. Il faccia a faccia tra “l’integrato” Vespa e “l’apocalittico” comico Grillo, non poteva certo passare inosservata, anche per un medium abituato alle più repentine metamorfosi.
Più che di metamorfosi, tuttavia, per la presenza di Grillo in Rai bisognerebbe parlare di vera e propria inversione esistenziale sulla strada delle proprie convinzioni; seconda solo, forse, a quella di chef Carlo Cracco, che per anni ce l’ha menata con l’alta cucina e le materie prime di qualità, prima di abdicare tristemente prestando la propria immagine a un sacchetto di patatine fritte.
In fondo, ormai, dell’assenza dal video del comico genovese e dei suoi penta stellati ce ne eravamo fatti una ragione, e tutto sommato, trattandosi di questione di principio, se ne potevano anche condividere le ragioni profonde. Per un movimento di rottura come il M5S, nato dal basso e dalla rete, decidere di non invischiarsi nel groviglio di parole dei talk show politici (dove conta solo l’effetto spettacolare e l’escalation drammatica), era il loro modo di dichiarare la propria diversità, anche nel modo di comunicare al proprio elettorato.
“Sono qui per dimostrare che in fondo sono un bravo ragazzo e non solamente uno che è capace di urlare” dice Beppe a Bruno, proprio lui che, all’indomani delle elezioni, i giornalisti avrebbe voluto processarli.
Dapprincipio entrambi in piedi, passeggiando nervosamente per lo studio, come duellanti nervosi prima del singolar tenzone, poi finalmente seduti cercando di controbattere l’uno all’altro. La prima fase è di studio, ma è anche la più interessante, dove il padrone di casa tenta di prendere le misure dell’avversario, mentre il secondo prova a decodificare, per noi spettatori, l’impianto liturgico e ideologico della trasmissione: il pubblico a pagamento ma senza diritto di parola, le poltrone, lo studio con la dominante bianca e rassicurante.
Ma è quando Grillo decide di sedersi che cambia qualcosa nei rapporti di forza tra i due e il padrone di casa segna un punto a suo favore, magari impercettibile, ma determinante nell’economia della sfida. Le parole del comico scorrono veloci e irruenti come al solito, quasi si trattasse di un fiume in piena, destinato tuttavia a infrangersi sulla comoda seduta di una comoda poltrona. Oggetto scenografico all’apparenza innocuo, eppure pericolosamente pregno del carico ideologico a cui prima si accennava. Il campanello che suona, il maggiordomo che apre la porta, l’ospite che entra e si accomoda non è forse la rappresentazione plastica della TV “in quanto strumento del potere e potere essa stessa”?.
A giochi fatti, verrebbe da dire che l’iniziale politica del movimento di tenersi alla larga dal medium televisivo aveva la sua buona dose di ragione, Grillo sa bene quanto la TV vada maneggiata con cura. Quel che forse non immaginava è che, all’interno della sua rassicurante cornice, anche le Vespe fanno male quando pungono.
Beppe Grillo visto da Maurizio Crozza
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