unnamedLAURA NOVELLI | Si intitola La rivoluzione delle parole la nona edizione del festival Short Theatre che, diretto da Fabrizio Arcuri e realizzato grazie al supporto organizzativo di AREA06, si svolge nelle prime due settimane di settembre a La Pelanda di Roma con appuntamenti dislocati pure al teatro India e all’Argentina (www.shorttheatre.org;info@shorttheatre.org). Un titolo forte, emblematico, profondamente connesso alla crisi attuale e però caparbiamente proteso a delineare scenari di possibile (possibile?) cambiamento. Lo spiega lo stesso direttore artistico illustrando il ricco programma di una vetrina che, sempre più internazionale e sempre più trasversale, vuole offrire “l’occasione per indagare i meccanismi che possono rivoltare le condizioni del nostro presente, di una crisi così organica che si fa dimenticare: il linguaggio come territorio di costruzione di un nuovo immaginario, che non solo resista al contemporaneo ma tenti di realizzare un futuro, ora e qui”. Un futuro ipotizzabile partendo dunque dalla parola.
Riposizionando l’energia sovversiva della parola – la sua capacità di “dire” il cambiamento – nel perimetro di quel teatro del mondo che, anche laddove fisico e performativo, da sempre ne è una tribuna indomabile. E l’obiettivo artistico sotteso a queste premesse non potrebbe che essere, in ultima analisi, un’esplorazione dell’umano in tempi in cui l’umano vacilla. Perché “essendo l’umano un essere di linguaggio – come scrive Massimo Recalcati nel suo ultimo libro, “Il complesso di Telemaco” – essendo la sua casa la casa del linguaggio, il suo essere non può che manifestarsi attraverso la parola. E’ l’evento della parola a umanizzare la vita e a rendere possibile la potenza del desiderio […].”. Così come a rendere possibile un’eredità che dal passato, dai Padri, diventi linfa per il futuro, per i Figli. Non a caso il lavoro di apertura di questo Short Theatre 9, La casa di Eld, diretto da Oscar Gómez Mata e ispirato ad una novella di R.L.Stevenson, giunge a noi dalla Svizzera per proporre uno scambio pubblico tra “gli adulti che siamo e gli adolescenti che siamo stati” che prevede il coinvolgimento diretto di alcuni ragazzi del territorio. Sui legami familiari e generazionali si interroga pure lo spettacolo vincitore del Premio Scenario 2013, Mio figlio era come un padre per me, del gruppo Fratelli Dalla Via (Marta, Diego e Roberto, premiati quest’anno anche con il Premio Hystrio Castel dei Mondi), in programma insieme ad altre interessanti proposte di danza e performance tra cui quelle di Zaches Teatro (Dittico della Visione) e degli spagnoli El Conde de Torrefiel.
Arriva invece da Parigi il regista Joris Lacoste con il suo intrigante progetto L’Encyclopédie de la parole, avviato nel 2007, che si pone l’obiettivo di collezionare un poliedrico archivio di registrazioni sonore, di cui viene proposto al teatro Argentina lo spettacolo/concerto Suite n°1 ABC, con 22 artisti in scena di cui 11 invitati locali, atte a rappresentare e decodificare i meccanismi della comunicazione orale contemporanea (www.encyclopediedelaparole.org). E se i nomi internazionali reclutati nell’ambito di una solida progettualità di scambio che spazia dalla Spagna al Belgio, dalla Svizzera alla Francia (prevista anche una tavola rotonda sulla drammaturgia europea odierna) sono davvero molti, non di meno la scena italiana mostra un’eclettica vivacità: Kinkaleri è in scaletta con una performance incentrata sulla trasmissione dell’alfabeto gestuale (Everyone gets lighter / All!) e un lavoro sulla cultura beat che si intitola Pasto pubblico/ Poesia al telefono; l’Accademia degli Artefatti torna ad una produzione del 2006, Insulti al pubblico di Peter Handke, un testo dove l’impossibilità di recitare, lo sbranamento del dire, la tortura stessa delle parole impedisce l’azione, preparando il nulla, il vuoto; viaggia poi nel mondo pubblico e privato di nove cantanti degli anni ’60 e ’70 Angela Baraldi nel suo The wedding singers realizzato in sinergia con il Teatro della Tosse, mentre Roberto Latini e Federica Fracassi affrontano un’inedita versione de I giganti della montagna (atto I) di Pirandello su regia dello stesso Latini. E ancora: Antonio Latella dirige la compagnia Stabilemobile nella partitura A.H., elaborata insieme con Federico Bellini, che si interroga sul senso e le radici del male partendo dalla figura di Hitler (tema già affrontato dal regista campano in precedenti lavori quale, ad esempio, Faust Diesis); Babilonia Teatri indaga la figura di Jesus come punto di domanda “che non ha risposta. Non una. Non data” in una prima apparizione a firma di Valeria Raimondi, Enrico Castellani e Vincenzo Todesco; Teatri di Vita porta a Roma il suo fortunato Delirio di una trans populista dedicato a Elfriede Jelinek (ne ho parlato con il regista, Andrea Adriatico, in un’intervista pubblicata il 6 agosto, https://paneacquaculture.net/?s=andrea+adriatico+); infine (ma c’è dell’altro ovviamente) Mariangela Gualtieri regala al pubblico un rito sonoro edificato sulle sue splendide poesie, a partire da quell’ineguagliabile Sermone ai cuccioli della mia specie che ci conduce proprio da dove siamo partiti: la parola come educazione, civiltà, ribellione, eredità umana. Futuro. “Perché – e torno volentieri anche a Recalcati – l’ereditare non è la ricerca di una rassicurazione identitaria. Implica piuttosto un salto in avanti, uno strappo, una riconquista pericolosa”.