MATTEO BRIGHENTI | La magia è l’equilibrio del sorriso. Il numero, il gioco di prestigio sotto il cielo dello chapiteau dei fratelli Forman, in Piazza del Duomo a Pistoia, è sulle labbra del pubblico. Riesce se diverte. Con semplicità, rigore e consapevolezza Obludarium risale alla fonte primaria dello spettacolo, l’intrattenimento.
Non è un tendone, perché è di legno. Assomiglia più a un castello delle fiabe dell’Est Europa, al fiore di una montagna incantata. Tutto intorno corrono delle transenne, efficaci per i curiosi, meno per le polemiche degli ambulanti che in piazza fanno il loro mercato abituale. Prima di entrare bisogna passare attraverso un’antica carrozza da circo che sa di cera e di viaggio. Del resto, lo spettacolo della compagnia praghese apre la stagione del Funaro di Pistoia (ed è realizzato con Associazione Teatrale Pistoiese, il Comune e il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia): quando hai a che fare con il centro culturale che da sei anni porta l’infinitamente grande nel meravigliosamente piccolo di via del Funaro 16 (in questa stagione, tra gli altri, Peter Brook, Cristiana Morganti, Cuocolo/Bosetti) devi essere pronto ad abbandonare il ‘prima’ per incontrare un ‘dopo’ che non conosci. Devi lasciarti andare, affidarti a chi ha il dono di vedere più lontano e nitido.
Dentro, in una vociante arena in miniatura, la visione è per lampi, la luce va e viene, perché il teatro è una fiamma che scocca dall’incontro tra artisti e spettatori: ognuno dà il suo aiuto per tenerla accesa, quanto può, pedalando o girando la manovella di un macinino. Il rapporto con il mondo costruito da Petr e Matej Forman, figli del regista Miloš, è fisico, il confine tra dove finisce il corpo e inizia la macchina teatrale è più sottile di un battito di ciglia. D’altronde, la compagnia stessa non ha ruoli definiti, “viviamo tutto dall’inizio alla fine” racconta Eleonora Spezi, l’unica italiana del gruppo.
Obludarium in ceco significa ‘sovrannaturale’. A poco a poco che il chiarore instabile dell’avvio diventa pieno giorno, grazie allo sforzo collettivo di tutto il pubblico, la pista rotante, al centro della scena, si popola di “freak”, personaggi grotteschi, sbuffi di fumo, riccioli di ombra. La lingua è un gramelot di lingue, ceco, inglese, francese, tedesco, spagnolo, italiano. Sono gli esclusi. Sono i diversi. Non si tratta, però, di una diversità vera, reale, quanto della presa in giro di come noi stigmatiziamo chi è diverso: la donna barbuta è ricoperta di peli dalla testa ai piedi, l’uomo forzuto solleva un peso leggerissimo, il lanciatore di coltelli colpisce in pieno la sua assistente. I Forman non ci mostrano allora quanto siano grotteschi loro, ma quanto siamo ridicoli noi, nella nostra superiorità di facciata, posticcia, infondata. Siamo tutti ugualmente diversi.
Abitano la pista anche le marionette, talvolta così grandi da toccare il soffitto: l’azione avviene a vista, ma i fili non svelano il trucco, anzi, moltiplicano lo stupore di tanta leggerezza per la fatica impiegata per tirarli su e giù. Questo è il luogo della fantasia del possibile. E poi pupazzi, clown sonnolenti, ballerine, sirene, pesci che qualcuno tocca per capire fino a che punto può arrivare la maestria di questi artigiani girovaghi, toccare per immaginare anche con le mani, per entrare nella magia, per essere magia. Gli adulti e i bambini. L’evento, infatti, inaugura anche la II edizione del progetto Infanzia & Città.
Cabaret, caffè concerto, raffinato teatro di figura, Obludarium è un circo d’invenzione al ritmo di musiche tzigane suonate da un’orchestra dal vivo. Gli attori sono anche ballerini, cantanti, acrobati, mimi: la completa padronanza di molteplici arti fa fare loro tutto ciò che vogliono con semplicità e naturalezza.
E poco importa che le storie raccontate manchino del gran finale unitario di cui pur c’erano le premesse, disseminate numero dopo numero come ad accrescerne l’attesa, poco conta che le meraviglie del mostruoso si dilatino a tal punto da scolorire, confondendosi e annullandosi le une con le altre. Il bambino che ha urlato “non farle del male”al lanciatore di coltelli che portava via la donna barbuta è rimasto attento e divertito per tutto il tempo. Come lui tanti altri, visto che Obludarium ha avuto sei repliche invece delle cinque stabilite, in seguito al “tutto esaurito” registrato già prima del debutto e a liste d’attesa sempre più lunghe. Sotto il tendone dell’immaginazione dei fratelli Forman il successo è una concreta realtà.